A Catania una vetrina per l’Ig Nobel, il premio per le ricerche che fanno sorridere e poi riflettere
Gli agiografi raccontano che il sultano del Marocco, Mulay Isma’il, detto “il Sanguinario”, vissuto a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, abbia avuto ben 888 figli. Come reagirebbe, secondo voi, un improbable researcher che si imbattesse in una spigolatura del genere, tipica della rubrica “Strano ma vero” della “Settimana enigmistica”? La risposta è: “Strano o vero che sia, andiamo subito a vedere se è comunque possibile”.
E così, la biologa austriaca Liza Oberzaucher e il collega Karl Grammer hanno dedicato alcuni mesi della loro vita accademica a costruire degli algoritmi che, tenendo conto ad esempio, dei cicli di ovulazione e di fertilità di un harem composto da almeno 65 donne, hanno permesso di scoprire che al “Sanguinario” sarebbero bastati i suoi accertati 32 anni di ‘attività’ per raggiungere il leggendario
Già: ma dopo aver innaffiato con un ‘prosit’ la prova provata matematica dell’imponente virilità del sultano nordafricano, quanto aggiunge questo bizzarro risultato allo scibile umano? Poco o niente, è certo, ma suscita indubbiamente, anche nelle più seriose comunità accademiche, ammiccamenti e risatine, specie se gli autori della ricerca, come è avvenuto nel 2015, vengono poi premiati nella sede della prestigiosa università di Harvard con l’Ig Nobel, il riconoscimento per la scienza che fa prima ridere e poi riflettere.
La spigliatissima Oberzaucher è stata una delle testimonial dell’Ig Nobel Spring Tour che per la prima volta ha fatto tappa in Italia, su invito del dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Catania. Gran cerimoniere dell’evento “Mr Ig Nobel” in persona, ossia Marc Abrahams, direttore della rivista statunitense Annals of Improbable Research e patron del premio che, senza mai lasciarsi sfuggire l’ombra di un sorriso durante il suo lungo talk, ha però animato e coinvolto il pubblico di curiosi presenti nell’aula “Ettore Majorana”, facendo talvolta sperimentare a loro stessi i risultati di queste ricerche.
La gaia scienza, anzi, la scienza buffa di cui Abrahams è gran sacerdote dalle movenze
E così, la barese Marina Di Tommaso, ha garantito con un proprio videomessaggio la validità di quanto studiato qualche anno fa: cioè che il dolore che prova un essere umano colpito alla mano da un raggio laser, diminuisce se si sta nel frattempo guardando un bel dipinto e purtroppo aumenta, invece, se siamo di fronte a una crosta. I capolavori dell’arte funzionerebbero quasi da anestetici, insomma.
E lo stesso Abrahams ha riferito degli effetti negativi di pantaloni di poliestere, di cotone o di lana sulla vita sessuale dei ratti, mostrato le immagini dello studioso che ha vissuto tre mesi in mezzo alle capre, comportandosi come loro; ha rivelato che i cavalli bianchi sono meno soggetti degli altri alle punture dei tafani, e raccomandato che se si prova prurito sul lato sinistro del corpo, ciascuno di noi lo può alleviare guardandosi allo specchio e grattandosi sul lato destro, e viceversa. Tutte scoperte, manco a dirlo, baciate dalla gloria dell’Ig Nobel. E infine, consigliato la lettura dell’imperdibile compendio autobiografico in tre volumi “L’arte di collezionare mosche”, dello scrittore svedese Fredrik Sjoberg, premio per la Letteratura, nel quale l’autore racconta con dovizia di particolari il piacere che si prova nel collezionare mosche morte, insieme a mosche non ancora morte.
Passerella finale per i tre ricercatori catanesi – Andrea Rapisarda, Cesare Garofalo e Alessandro Pluchino – che nel 2010 hanno conquistato il premio nella sezione “management” con una ricerca sull’assegnazione casuale e non meritocratica delle promozioni.
L’improbable research degli studiosi etnei reinterpretava uno dei paradossi più conosciuti, formulato dallo psicologo canadese Laurence J. Peter: “In un’organizzazione ogni nuovo membro sale nella gerarchia fino a raggiungere il suo livello di massima incompetenza”. “I nostri studi – raccontano – ci hanno permesso di dimostrare che se un’azienda decidesse di selezionare i propri dirigenti in maniera random, ovvero promuovendo il personale a ruoli di maggiore responsabilità in modo del tutto casuale, invece che sulla base di curricula e preparazione, potrebbe addirittura ottenere dei risultati migliori”.
Sulla scia di quel successo, Pluchino Garofalo e Rapisarda, anche insieme ad altri colleghi, hanno cercato di riproporre la metodologia che scaturisce dall’applicazione delle strategie casuali nella fisica all’ambito sociale. Nella finanza, ad esempio: pare, infatti, che, in questi tempi di instabilità, una bambina di cinque anni che investa in borsa per un determinato periodo, sia in grado di ottenere maggiori ricavi di un’astrologa, ma anche di un esperto analista finanziario.
E poi in politica. Il campo di ricerca, del resto, era troppo intrigante per non provare a misurare anche qui l’efficienza del caso: “Se estraessimo a sorte un certo numero di seggi parlamentari tra semplici cittadini non appartenenti a schieramenti politici – si sono chiesti – la sorte della nostra democrazia migliorerebbe? In altre parole, le leggi sarebbero più utili, pertinenti ed efficaci di quelle che si producono con il sistema elettorale attuale?”. Formule alla mano, affermano, si può calcolare la quota aurea per cui questa ipotesi sarebbe verificata, per esempio potrebbero bastare venti deputati sorteggiati su 500.
E voi che ne pensate, questa teoria vi convince? Va bene anche una risposta a caso, anzi random.
Ma.C.
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