Giovanna acquista un immobile fruendo dell’aliquota agevolata dell’iva al 4%, prevista per l’acquisto della prima casa. L’Agenzia delle Entrate, invece, considera l’abitazione di lusso (ex D.M. del 1969 all’epoca applicabile e, pertanto, non meritevole del suddetto beneficio fiscale): recupera, dunque, con avviso di liquidazione la maggiore iva, data dalla differenza tra l’applicazione dell’aliquota del 20% e quella del 4%, ed irroga le dovute sanzioni. Successivamente, rettifica in autotutela l’avviso, reputando applicabile l’aliquota del 10%, perché l’immobile era stato oggetto di un intervento di ristrutturazione edilizia su di un fabbricato abitativo ceduto dall’impresa al termine dei lavori.

La donna impugna il suddetto avviso, senza successo. In particolare, la Commissione tributariaregionale competente ha escluso la sussistenza dei presupposti per la fruizione dell’aliquota agevolata, in quanto la superficie dell’appartamento compravenduto risultava pari a mq 248,28 e l’appellante non aveva, all’opposto, dimostrato una diversa dimensione.

Contro questa sentenza, Giovanna propone ricorso.Il vulnus della questione è il seguente: il trattamento sanzionatorio deve essere escluso, in ragione della sopravvenuta eliminazione dell’oggetto della dichiarazione, dovuta all’espunzione dei criteri stabiliti del citato D.M. del 1969?
Secondo i Giudici della Corte di Cassazione, “ciò che occorre determinare è, allora, se sia configurabile un’abolitio criminis, ossia se l’infrazione sia stata o no abolita in esito alla modificazione della norma riguardante i presupposti oggettivi del riconoscimento del beneficio per l’acquisto della prima casa. Si deve quindi stabilire se l’intervento legislativo posteriore abbia alterato, anche mediatamente, il precetto e, quindi, abbia escluso la figura di infrazione scaturente dalla violazione di esso. In realtà, nessuna abolitio criminis si è verificata”.

In particolare, “la modifica dell’elemento avrebbe acquistato rilevanza, ai fini dell’abolitio criminis, soltanto se avesse comportato l’eliminazione del mendacio. Il che sarebbe potuto accadere se la norma successiva, che ha diversamente disciplinato l’oggetto della dichiarazione, fosse stata retroattiva: in tal caso la norma non avrebbe soltanto qualificato un elemento di fatto, ma avrebbe mutato l’assetto giuridico della fattispecie astratta”.

La sanzione è dunque dovuta, perché “in tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa, la modifica dei parametri ai quali ancorare i presupposti per il riconoscimento del beneficio, disposta, quanto all’iva, dall’art. 33 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, NON ha inciso retroattivamente e l’infrazione, costituita dalla dichiarazione mendace, della quale è soltanto cambiato l’oggetto, è rimasta immutata; ne consegue che non si è verificata alcuna abolitio criminis” (Sent. Sezioni Unite Civili n. 13145/2022).

Alice Passacqua

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