Italia: tornano a crescere manifattura e servizi ma Bruxelles frena

Nel mese di gennaio l’indice PMI ha fatto registrare in Italia un valore di 51,6, superiore al valore di 50 che segna lo spartiacque fra recessione e crescita. Il PMI (Purchase Managers Index) è un indicatore che segnala gli acquisti effettuati dai manager delle aziende che si occupano degli approvvigionamenti in vista della produzione e quindi hanno il polso della situazione aziendale. Il valore si ricava da un sondaggio su un campione molto esteso e viene ritenuto estremamente attendibile per valutare lo stato di salute del settore industriale.
Secondo le previsioni a gennaio si sarebbe dovuto attestare al 50,1, comunque superiore al dato di dicembre (49,4) e invece il calo dei prezzi del petrolio, il deprezzamento dell’euro sul dollaro che favorisce le esportazioni e l’intervento della Banca Centrale Europea che ha stanziato 1000 miliardi euro per l’acquisto di titoli di Stato dei Paesi ad alto debito, hanno fatto volare gli ordini.
L’indice PMI è positivo anche nell’Eurozona con 52,6 rispetto al 51,4 di dicembre con la notevole performance della Spagna che si è attestata a 56,9 superando la locomotiva Germania misurata a 53,5. Ciononostante la Commissione Europea ieri ha confermato il dato di previsione di crescita del PIL 2015 per l’Italia a +0,6%, segnalando addirittura una disoccupazione in crescita al 12,8% con l’unico dato positivo nel rapporto deficit/PIL che scenderebbe al 2,6%, quindi ampiamente dentro i parametri di Maastricht.
C’è motivo di credere che la Commissione Europea abbia voluto frenare gli eventuali entusiasmi per la previsione di crescita che potrebbero tradursi in un aumento della spesa pubblica, contro quella politica del rigore che piace tanto a Bruxelles e alla finanza internazionale ma sta strangolando i Paesi con economie deboli.