Per diplomazia si intende la pratica dei rapporti internazionali fra le nazioni. Il ricorso a questa pratica è prioritario e indispensabile perché serve a scongiurare, nei limiti del possibile, la degenerazione in scontri, talvolta anche bellici, di tensioni e divergenze fra le nazioni. La via diplomatica, per ovvie ragioni, è la preferita a qualsiasi altra che preclude le possibilità di intese e di soluzioni che sono sempre insiti in tutte le controversie, di diversa natura, fra gli Stati. E’ fuori da ogni ragionevole dubbio che nelle tensioni tra due o più nazioni la scelta del dialogo e del confronto è, in assoluto, la più conducente e la meno traumatizzante per derimerle.
In questi casi non rari, ma sempre ricorrenti, per consolidata prassi, si inseriscono con ruolo di mediatori altri Stati che vantano buoni rapporti con i contentendi per agevolare possibili intese mirate alla composizione della materia del contendere fra le parti interessate. La scelta della via diplomatica non è applicabile, tout court, fra nazioni, gruppi e fazioni che hanno diverso grado di cultura e civiltà. Quanto detto, che non ha vanità alcuna al di là di quella di volere essere preambolo a considerazioni sulle minacce fatte dall’Isis al nostro paese; è legittimo e opportuno chiedersi: ma come è possibile parlare di via diplomatica da praticare per scongiurare il pericolo che questi fanatici fondamentalisti islamici rappresentano per il nostro paese? Come si può pensare di agire sul piano diplomatico con i governi di nazioni come la Libia, l’Egitto, l’Iraq, lo Yemen, la Nigeria e tanti altri che sono praticamente in balia dell’Isis e di altre fazioni terroristiche?
La diplomazia è un’arma spuntata che non può assolutamente scalfire minimamente il diabolico e maniacale programma di califfati terroristici che hanno sete di potere e di sangue. L’Europa, l’America e l’Onu debbono prendere coscienza della gravità di questo fenomeno e, invece di parlare di diplomazia, debbono agire sul piano militare, e subito! Il paese più esposto e più a contatto con questa tragica realtà è il nostro. C’è già in atto una vera e propria invasione, che rischia di assumere proporzioni bibliche e capacità di infiltrazioni di terroristi con programmi di devastanti attentati.
Non c’è più tempo per le remore e per trattative diplomatiche. L’Italia, motu proprio, deve fermare gli sbarchi con un blitz militare, in Libia, per distruggere tutti i mezzi capaci di navigare. Purtroppo l’incombente seria minaccia deve mettere fine al bonismo e all’accoglienza per la necessaria tutela del paese e dei suoi cittadini. Il recente episodio della minaccia con i Kalashnikov contro una motovedetta delle Guardia Costiera, per riappropriarsi di un gommone sequestrato, è chiaro sintomo dell’uso della violenza che va ripagata con la stessa moneta.
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