MILANO – Le persone con ipotiroidismo potrebbero necessitare di un minor numero di esami di laboratorio per il controllo del TSH dopo il passaggio dalla terapia con compresse alle formulazioni liquide della levotiroxina, soprattutto in presenza di fattori che possano alterare l’assorbimento della formualzioni in compressa.
Questo in sintesi è il risultato di uno studio pubblicato recentemente su Endocrine, che ha visto la collaborazione delle Università di Messina, Napoli e Bologna e l’IRCCS Casa Sollievo della sofferenza di S. Giovanni Rotondo, messo a punto per comprendere come il passaggio da una formulazione all’altra potesse ricadere su pazienti e Servizio Sanitario Nazionale.
“Lo studio aveva l’obiettivo di quantificare l’impiego delle diverse formulazioni di levotiroxina disponibili sul mercato e di valutare le ricadute cliniche del passaggio da una formulazione ad un’altra, spiega Gianluca Trifirò, Ricercatore Farmacologo dell’Università di Messina e coordinatore dello studio. Analizzando i dati delle prescrizioni mediche dal 1 gennaio 2009 al 30 ottobre 2015 nei database amministrativi di un’ASL del Sud Italia sono stati identificati 56.354 soggetti in trattamento con levotiroxina di cui il 97,9% ha ricevuto almeno una prescrizione di terapia in compresse e il 6,1% almeno una prescrizione di formulazioni liquide. Durante la finestra temporale analizzata, i pazienti in trattamento con le formulazioni liquide sono leggermente aumentati e l’analisi degli utilizzatori ha rilevato che le formulazioni liquide sono preferite nei soggetti più giovani e nei pazienti in trattamento con farmaci che possono interagire con l’assorbimento delle compresse; problema superato dalle formulazioni liquide che non risentono delle interazioni con altri farmaci, cibo, caffè e diverse condizioni cliniche come patologie gastrointestinali, intolleranza al lattosio e infezioni da Helicobacter Pylori. Nel periodo preso in considerazione 1950 pazienti sono passati dalle compresse alle formulazioni liquide. Per valutare le ricadute cliniche di questo passaggio, è stato valutato il numero di test del TSH prima e dopo e si è così dimostrato che nei i pazienti passati alle formulazioni liquide si è significativamente ridotto il numero dei test di controllo della funzionalità tiroidea che potrebbe suggerire una stabilizzazione dei livelli di ormoni toroidei”.
“Secondo il Rapporto Health Search di SIMG, aggiunge Gerardo Medea, Responsabile area metabolica di SIMG, Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, l’ipotiroidismo è una tra le più abituali cause di visita per il medico di medicina generale che è chiamato a riconoscerne i primi segni per l’invio al consulto dello specialista endocrinologo ma, soprattutto, alla gestione complessiva del paziente dopo la diagnosi e l’impostazione della terapia. Una diminuita richiesta e frequenza del test del TSH, potrebbe significare livelli ormonali più stabili e un paziente con un maggiore livello di benessere legato a ridotta sintomatologia da ipotiroidismo. Un paziente ipotiroideo in equilibrio ormonale può significare anche meno accessi negli ambulatori dei medici di medicina generale e meno controlli di laboratorio con un evidente vantaggio in qualità della vita per il paziente e un risparmio per il Servizio Sanitario Nazionale”.
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