di Massimo Arciresi
Palermo – Racconta dei propri dolori, legati al cinema più che alla vita privata, Roberto Faenza nel presentare la sua ultima fatica al nuovo cinema Iulii Gaudium di Palermo; di come un produttore poco generoso, che poi si allontanò dal progetto, volesse imporgli le proprie scelte all’epoca di Jona che visse nella balena e di come un altro, in seguito dileguatosi, intendesse sostituire Abatantuono a Mastroianni in Sostiene Pereira. Ma sono ricordi più che cicatrici, e oggi il regista traspone con apparente serenità il romanzo di Peter Cameron nel suo più recente film, Un giorno questo dolore ti sarà utile, che allinea, oltre agli attori in via d’affermazione Toby Regbo e Deborah Ann Woll, i premi Oscar Marcia Gay Harden ed Ellen Burstyn, più Peter Gallagher, Lucy Liu e Stephen Lang. Accostata a quella de Il giovane Holden, ma in versione aggiornata, la trama inquadra un adolescente disallineato che, per superare il proprio malessere e un ricercato isolamento, deve imparare a osservare meglio (e a comprendere) il prossimo. Al cineasta giusto un paio di domande.
Per questo film, che ha girato a New York, città in cui ha vissuto e lavorato, ha messo insieme un cast notevole; probabilmente, però, la scelta più difficile era quella del tormentato protagonista. Come è arrivato a Toby Regbo?
«Aveva fatto un film presentato a Venezia due anni fa, Mr. Nobody. Mi aveva colpito questo ragazzino inquieto, con un volto bellissimo, che piaceva tanto alle ragazze. Siccome aveva fatto anche un piccolo ruolo in uno degli ultimi Harry Potter, con il quale condividevamo uno dei nostri finanziatori, abbiamo avuto molta facilità a incontrarlo. Poi lui è parecchio simile a questo personaggio ombroso, che non ama il mondo che ha di fronte, che contesta i genitori, che commette anche degli errori ma rimane solare, positivo e costruttivo. Quindi, direi che era perfetto per il ruolo di James»
Vedendo il film si ha la sensazione che la storia proceda e progredisca attraverso le lezioni che impara James: la ricerca della casa da acquistare, lo scherzo crudele all’amico John, la sorpresa nell’apprendere che perfino la life coach ha incontrato delle difficoltà…
«Assolutamente sì, si può dire che procede per lezioni, o per strati. In realtà è una storia di crescita. Attraverso la confusione, il confronto con quello che non funziona c’è una maturazione, che è un po’ ciò che gli adolescenti si aspettano: superare il limbo di una condizione che non è né adulta né infantile, andando verso un futuro che non si conosce. Il nocciolo di questo film è che non si sa a cosa si va incontro.»
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