In data 3.9.2004, Salvatore viene ricoverato d’urgenza in Ospedale, in stato comatoso, per un sospetto ematoma subdurale: pur constatata la gravità delle sue condizioni e pur essendo trasferito in sala operatoria in quanto pronto per l’operazione, l’intervento chirurgico viene ritardato per via della sopravvenienza di un caso ritenuto più grave ed urgente. Per impedire l’aggravarsi della situazione, i familiari trasferiscono il congiunto in una clinica privata, dove l’intervento viene eseguito con successo: ma detta scelta costa loro quasi 18.500 euro.Salvatore chiede, dunque, il rimborso di tale somma alla Regione, che però ritiene ingiustificata la richiesta, costringendo il paziente a far ricorso al Tribunale, che, a sua volta, rigetta la domanda sul presupposto che non v’era stato alcun inadempimento.
La decisione viene riformata dalla Corte di Appello, la quale ritiene che la prestazione era urgente e che averla differita ha costituito inadempimento, con conseguente danno consistito nella necessità della spesa successiva effettuata presso l’istituto di cura privato.Ricorre avverso tale decisione l’Azienda Ospedaliera.Secondo i Giudici della Corte di Cassazione, che rigettano il ricorso, “il ritardo era ingiustificato non avendo l’Azienda dimostrato che non aveva modo di intervenire sul paziente a causa delle sopravvenienze più gravi; se questa ricostruzione in fatto è tenuta ferma, e come si è detto, non può essere messa qui in discussione, né per certi versi lo è stata adeguatamente (ossia sotto gli unici profili possibili, di difetto di motivazione o errore percettivo), allora ovviamente ne deriva che la condotta del paziente, meglio dei suoi congiunti, non è né in violazione del dovere di correttezza né costituisce causa di una – colpevole dunque – impossibilità sopravvenuta: si tratta invece della condotta conseguente all’inadempimento altrui, volta ad evitare un danno maggiore.
In altri termini, l’accertamento in fatto che ad essere inadempiente è stata l’Azienda, esclude, per logica conseguenza, che possa invece la mancata soddisfazione dell’interesse del creditore essere imputata a condotta colpevole di quest’ultimo, esclude cioè l’inadempimento della controparte; né è mai stata prospettata, neanche nei gradi precedenti, una qualche ipotesi di inadempimento reciproco” (ordinanza n. 16936 del 15.6.2021 della Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione).
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