Mentre da anni si discute su come disciplinare le intercettazioni telefoniche da utilizzare per le indagini, senza cavare un ragno dal buco, nel silenzio generale la Commissione Giustizia del Senato ha approvato il taglio del 60% alla tariffa che lo Stato paga ai gestori telefonici per le intercettazioni. Il provvedimento è contenuto in un subemendamento delle rappresentanti Pd Doris Lo Moro e Lucrezia Ricchiuti nella discussione della delega di riforma della pubblica amministrazione.
Il testo prevede “la riduzione del 60% della tariffa riconosciuta ai gestori di rete telefoniche e del prezzo dei supporti adoperati per la ricezione del segnale con particolare riguardo alle intercettazioni di conversazioni e di flussi.
Di fatto si tratta della riduzione coatta del numero di intercettazioni possibili finalizzata ad una riduzione della spesa. In molti distretti, infatti, il noleggio delle apparecchiature costa svariati milioni di euro e sono sorte come i funghi società che aspirano a gestire il servizio.
L’intervento di natura economica però rischia di peggiorare la situazione: non essendo normata alcuna forma di priorità, potrebbero essere effettuate intercettazioni per indagini magari mediaticamente interessanti ma socialmente poco utili, a scapito di inchieste meno appetibili ma più incisive, per le quali mancherebbero i fondi.
La solita soluzione all’italiana dove nessuno assume apertamente la responsabilità di affrontare un problema nella sua globalità, prendendosi la paternità delle decisioni.
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