Innovazione e tradizione, la continua ricerca dello chef Luigi Arcoleo
Carmelinda Comandatore
I suoi piatti sono dei veri e propri dipinti, in cui ogni pennellata richiama i colori e i profumi del nostro territorio. Parliamo dello chef Luigi Arcoleo, palermitano doc, classe 1976, attratto fin da piccolissimo dalla cucina e dai piatti della tradizione siciliana, che oggi reinterpreta in maniera assolutamente originale.
«La mia cucina – ci racconta – viaggia su due strade diverse tra di loro, che però condividono alcune caratteristiche: ottime materie prime, aspetto cromatico e consistenze. Da un lato una cucina creativa senza frontiere, fatta di ingredienti, la cui provenienza non conosce nessun vincolo; dall’altra una cucina “da restauro“, come scherzosamente amo definirla. Lo scopo è recuperare antiche ricette siciliane e riproporle in maniera del tutto nuovo giocando con la loro struttura».
Come definirebbe, in una parola, la sua cucina?
«È una cucina “azzardata”, frutto di una continua ricerca, non soltanto di sapori e accostamenti nuovi, ma di ciò che realmente la gente non si aspetta».
C’è un piatto che la riassume?
«Sicuramente lo “spezzatino di pesce fritto”, reso croccante dall’impanatura col panko e accompagnato con finta maionese all’aglio e bottarga di tonno.
La frittura di pesce è stata sempre presente nelle tavole siciliane, ma in versione classica. Con questa nuova versione la gente è incuriosita, la prova e rimane soddisfatta».
Ci racconta come è arrivato a creare questi piatti che colpiscono prima la vista e poi il palato?
«Tutto nasce dalla necessità quasi fisiologica di cambiare modo di cucinare.
È noto a tutti che la cucina classica della nostra regione faccia un notevole consumo di grassi quindi cominciai a studiare delle alternative che mi portarono a conoscenza di tecniche innovative. Realizzato questo scopo ho conosciuto il termine”food porn”, ne sono stato attratto dal suo significato, e da lì una continua esercitazione e sperimentazione».
Quali sono i prodotti del territorio che predilige?
«Sicuramente il pesce nostrano e l’olio d’oliva. Sono cresciuto in una borgata marinara”Arenella”, il pesce l’ho pescato, cucinato e infine mangiato. Insomma è stato sempre presente nella mia vita. Un carpaccio di sgombro con un filo d’olio d’oliva extravergine e del sale, magari affumicato, sarebbe un piatto facile e veloce da preparare per stupire gli amici.
Cosa si porta dietro dai viaggi e dalle esperienze maturate all’estero?
«Stare all’estero ti fa conoscere culture e abitudini gastronomiche completamente diverse. Dall’uso di spezie, che soltanto negli ultimi anni abbiamo cominciato ad usare anche in Italia, al vero e proprio culto della cottura alla brace. L’interscambio di conoscenze culinarie e metodi di lavoro con colleghi stranieri è una delle cose che mi ha affascinato di più durante la mia permanenza all’estero».
Sarebbe il caso di dire: “e adesso cosa bolle in pentola?”
«Dopo tanti anni di duro lavoro alle dipendenze di altri,credo sia arrivato il momento di pensare ad altro. Un ristorante tutto mio sarebbe la realizzazione di un sogno. Fortunatamente oggi la Sicilia gode di un’ottima posizione nel settore enogastronomico e vorrei far parte di chi con successo porta la nostra cucina ad alti livelli».