Indictus, Dinolfo: “La Sicilia è ancora terra di nessuno”
Indictus è la prima web serie girata in 11 Comuni dell’entroterra siciliano, di cui tre Borghi più Belli d’Italia, Sperlinga, Gangi, Geraci Siculo, insieme a Petralia Sottana, Marsala, Caltavuturo, Caccamo, Pollina, la Camera delle Meraviglie di Palermo e due installazioni della Fiumara d’Arte.
Si tratta di una co-produzione IDA e Reverse Agency, realizzata con il sostegno di Sicilia Film Commission nell’ambito del programma “Sensi Contemporanei”, che debutta il 18 gennaio su YouTube.
L’opera, scritta da Marianna Lo Pizzo, è ispirata a fatti storici, con personaggi realmente esistiti, ma riletti in chiave moderna. Siamo in Sicilia, terra di nessuno, che nel 1063 d.C. è teatro dell’incontro tra culture, lingue, società, l’Oriente e l’Occidente, Arabi e Normanni, e dove la religione viene utilizzata come propaganda per giustificare la conquista. Ne parliamo con il regista e ideatore di Indictus: Francesco Dinolfo,
Francesco, partiamo dal titolo: “Indictus, la terra di nessuno”, perchè?
«La Sicilia è la terra di nessuno: lo è stata storicamente, e lo è ancora. Storicamente è stata un crocevia di popoli, che se la sono sempre contesa. Adesso la Sicilia è ancora la terra di nessuno, sia perchè ci si prende delle libertà dal punto di vista politico e sociale, sia perchè c’è una convivenza positiva di diversi popoli».
Quindi dai un’accezione positiva a questo titolo?
«Sia positiva, che negativa. La libertà è un valore importante, ma la troppa libertà diventa un limite. Oggi siamo così tanto “terra di nessuno” che non riusciamo ad andare avanti».
Come nasce l’idea di questa web serie e perchè è ambientata proprio nel 1063 d.C.?
«L’idea che avevamo da un pò di tempo era quella di far conoscere all’estero, ma anche agli stessi siciliani, la bellezza dei borghi medievali, in cui siamo cresciuti e che ci siamo portati dentro quando dalla Sicilia ce ne siamo andati poco più che maggiorenni. L’idea di ambientare la web serie nel Medioevo si spiega sostanzialmente così. Le nostre bellezze sono bellezze di pietra, che hanno attraversato tutti questi secoli. La scelta della storia, quindi, è venuta un pò da sè».
Una storia sempre attuale
«Si è sempre attuale, perchè c’è lo scontro tra Oriente e Occidente, che non è mai terminato. E poi abbiamo, i Normanni, una razza del Nord Europa, molto forte dal punto di vista fisico, che decide di compiere questa esplorazione nel Mediterraneo, dove c’erano etnie culturalmente molto diverse, che però avevano trovato un loro equilibrio».
C’è un personaggio a cui sei particolarmente legato?
«Serlon, interpretato da Roberto Luigi Mauri. E’ un personaggio curioso, non segue le ideologie, ha una sua visione incerta della vita, ed è un pò una mina vagante. Se all’inizio è parte passiva della storia, in balia degli eventi degli altri, ad un certo punto diventerà parte attiva. Serlon sarà il personaggio centrale, attorno a cui ruoteranno tutti gli altri personaggi. E’ una figura in continua ricerca, che nella parte finale verrà legata ad un non luogo, ovvero la piramide».
La tua prima esperienza come regista. Quali difficoltà hai incontrato e qual è stato l’aspetto che più ti ha entusiasmato?
«Il bello del set cinematografico è poter lavorare, cercare di portare l’opera al massimo dell’espressione, senza seguire i tempi pubblicitari. Abbiamo avuto sempre una luce perfetta e siamo stati ben accolti nei luoghi in cui abbiamo girato. Dirigere un film poi vuol dire anche scontrarsi da un lato con ciò che vedi nei singoli personaggi, nella singola storia, e dall’altro con quello che il pubblico, che ha un suo bagaglio, un suo linguaggio, si aspetta di vedere».