“In questa regione italiana se stai male non garantiscono le cure”, purtroppo ci sono le prove | Costretto a intervenire addirittura il Presidente

Una situazione molto complicata, soprattutto dal punto di vista medico/sanitario.
Il sistema sanitario italiano affronta da anni diverse criticità, dovute a una combinazione di fattori strutturali ed economici. La sanità pubblica garantisce l’accesso alle cure a tutti i cittadini, ma le risorse limitate e la crescente domanda di servizi mettono sotto pressione ospedali e strutture sanitarie. Questo si traduce in liste d’attesa sempre più lunghe, carenza di personale e difficoltà nella gestione delle emergenze.
Uno dei principali problemi è la disparità tra le diverse regioni. Mentre alcune aree dispongono di ospedali moderni ed efficienti, altre soffrono per la mancanza di attrezzature adeguate e reparti sotto organico. La migrazione sanitaria, con pazienti costretti a spostarsi per ricevere cure di qualità, evidenzia queste differenze e aggrava il carico su alcune strutture.
Il personale sanitario è spesso sottoposto a turni estenuanti e stipendi non sempre adeguati alle responsabilità richieste. Questo ha portato a un progressivo calo di medici e infermieri nel servizio pubblico, con molti professionisti che scelgono il settore privato o l’estero in cerca di migliori condizioni lavorative.
L’innovazione tecnologica potrebbe migliorare l’efficienza del sistema, ma senza adeguati investimenti e una riorganizzazione delle risorse, il rischio è che le problematiche attuali continuino a peggiorare.
Disparità nella Sanità Pubblica
Il Servizio sanitario nazionale mostra segnali contrastanti: mentre l’area ospedaliera evidenzia miglioramenti, quella distrettuale e della prevenzione registra un peggioramento. Questo emerge dalla valutazione dell’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) nelle diverse regioni italiane. L’analisi si basa su 24 indicatori suddivisi tra prevenzione, assistenza distrettuale e ospedaliera, con un punteggio complessivo che va da 0 a 300. Nel 2023, la maggior parte delle regioni ha superato la soglia di sufficienza in tutte le macro-aree, ma alcune non hanno raggiunto risultati soddisfacenti in una o più di esse, confermando le differenze territoriali nel livello di assistenza.
Otto regioni non garantiscono pienamente l’accesso alle cure in tutte le aree sanitarie, come riporta espressamente Lettera43. Tra le più virtuose si trovano Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna, mentre Basilicata, Abruzzo, Sicilia, Valle d’Aosta e Calabria occupano le ultime posizioni. La classifica evidenzia un forte divario tra Nord e Sud, con le regioni settentrionali che ottengono punteggi significativamente più alti. Un caso emblematico è la Lombardia, che rispetto all’anno precedente è scesa nella graduatoria, suscitando reazioni critiche da parte delle istituzioni locali.

Contestazioni sul metodo di valutazione
Il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, ha duramente contestato la metodologia utilizzata per stilare la classifica, sostenendo che i parametri adottati non riflettono la reale efficienza del sistema sanitario regionale. Secondo lui, la valutazione si basa su criteri arbitrari e interpretabili in modi diversi tra le varie aziende sanitarie, penalizzando ingiustamente alcune regioni.
Al di là delle polemiche politiche, la valutazione dei Lea mette in luce problematiche strutturali che richiedono interventi concreti. L’accesso equo ai servizi sanitari rimane una sfida, con molte regioni in difficoltà nel garantire livelli assistenziali omogenei. Investimenti mirati e una revisione dei criteri di valutazione potrebbero contribuire a rendere il sistema sanitario più efficiente e meno soggetto a squilibri territoriali.