La drammatica situazione in Libia, dove è in corso una guerra per bande in cui è praticamente impossibile individuare i “buoni” da sostenere e la presenza dell’ISIS che in questa guerra ha un ruolo attivo e ha minacciato di inviarci via mare centinaia di migliaia di disperati ammassati nei campi profughi, impongono una riflessione seria per elaborare una politica europea comune, volta a gestire il fenomeno.
Al momento l’opinione pubblica italiana e i partiti che dovrebbero rappresentarla si sono divisi, come sempre, in due opposte fazioni: quella dell’accoglienza per tutti, sempre e dovunque, e quella del “rispediamoli a mare che qui non c’è posto”.
Intanto i fatti: negli ultimi cinque giorni sono sbarcati oltre undicimila migranti e il numero degli annegati in mare è decuplicato nell’ultimo anno.
Nelle testimonianze dei sopravvissuti scene di orrore e violenza: adesso i profughi vengono forzati a salire nelle imbarcazioni di fortuna dirette in Italia. Considerando che ci avviamo verso l’estate è probabile, che l’esodo possa aumentare e, al ritmo di mille migranti al giorno, in Sicilia ne sbarcherebbero circa 150 mila.
Un numero che metterebbe in crisi le strutture di accoglienza italiane, già in grande sofferenza con i circa 70 mila presenti in atto.
Poi c’è l’episodio della violenza religiosa che si sarebbe verificato su un barcone, con l’uccisione di profughi cristiani da parte di musulmani.
I magistrati della Procura di Palermo hanno ritenuto fondato il racconto dei testimoni, tanto da chiedere l’arresto al Gip e al ministero della Giustizia.
Ma da autorità civili e religiose (il Presidente della Camera Boldrini e il vescovo di Mazara Mogavero) che di solito sostengono a spada tratta l’operato di questi magistrati, viene espressa con ammirevole sicurezza una tesi negazionista, quasi che entrambi fossero stipati nel barcone e avessero potuto constatare che la rissa e la violenza non avevano radici religiose.
Premesso che tutte le opinioni sono rispettabili, noi ci fidiamo più della Procura di Palermo che dei difensori di ufficio, anche perché i massacri di cristiani sono purtroppo all’ordine del giorno, nella escalation che caratterizza le organizzazioni terroristiche che si richiamano all’integralismo musulmano.
Se l’Europa fosse una unione di Stati volta a salvaguardare il benessere dei suoi cittadini, anziché le lobby finanziarie, sarebbe già intervenuta presso l’Onu per una soluzione globale del problema. Invece si limita a tenere in piedi l’operazione Frontex, inadeguata per mezzi, investimenti e obiettivi.
La polveriera libica è un pericolo per tutto il mondo occidentale, che ha attuato una politica suicida: l’attacco a Gheddafi del 2011, oltre ad essere una prova di colossale miopia strategica, è l’esempio palmare di come ormai le democrazie liberiste si muovano solo per difendere gli interessi economici dei colossi multinazionali, infastiditi da come il dittatore libico usava il suo petrolio.
La soluzione per evitare il disastro imminente per l’Italia (e per la Sicilia in particolare) è una sola: un intervento militare di peace keeping, con l’egida dell’Onu, che metta sotto controllo il territorio libico e una gestione diretta dei campi profughi che punti a smistare razionalmente, in tutto il mondo, i circa 500 mila disperati che li occupano.
Limitarsi ad accogliere i profughi, vivi o morti, è solo un regalo al terrorismo internazionale.
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