Se è vero che ogni emergenza può avere una soluzione, e questa va ricercata con scrupolosi approfondimenti sulle cause che l’hanno prodotta, purtroppo ci sono situazioni emergenziali che sono di difficile controllabilità e che scatenano turbamenti e sconvolgimenti in settori particolarmente sensibili e delicati. Anche se il nostro Paese e’ abituato a convivere con emergenze che hanno carattere di continuità e di persistenza, ora si trova a fronteggiare, obtorto-collo, tra enormi difficoltà, un’emergenza non più contenibile entro limiti accettabili. Il riferimento, non viziato da pregiudizi ideologici ne’ razziali (non si e’ più ai tempi del nazionalsocialismo teso all’esaltazione della razza pura), e’ al fenomeno gravissimo di decine di migliaia di migranti sbarcati, in pochi mesi, a Lampedusa e in Sicilia. L’emergenza migrazione ora ha due fasi: la prima è quella del recupero a mare di tutte quelle persone che, stipate sui mezzi non idonei sul piano della sicurezza, affrontano la lunga traversata con l’incombente pericolo di naufragare come recentemente e’ successo. Per evitare il ripetersi di queste enormi tragedie, il Governo ha messo in atto l’operazione “mare nostrum” con l’impiego di forze navali, aeree e terrestri per soccorrere barconi e gommoni in difficoltà. Questa operazione, altamente umanitaria e apprezzabile, della quale e’ difficile prevedere la fine, ha un altissimo costo. Allora, considerato che le nostre navi vanno a soccorrere migranti a distanza di 70 miglia dalle coste di Lampedusa, cioè sotto costa libica, non sarebbe piu’ facile e meno dispendioso andare a prelevarli, ogni settimana, con una sola nave, nei porti libici? Non si vuole fare sarcasmo nè ironia (sarebbe un’azione di basso profilo morale), ma visto che alla migrazione non c’è piu’ tregua, neanche con il maltempo, e non potendo spostare Lampedusa e la Sicilia, almeno si abbatterebbero, e non di poco, gli altissimi costi e gli enormi disagi. La seconda fase, molto meno pericolosa, ma piu’ complessa sul piano organizzativo, dopo l’accoglienza, è la gestione di questa enorme massa di persone che necessita di tutto. Si creano continuamente centri d’accoglienza in tutte le parti d’Italia con carattere di precarietà che è difficile superare. La concentrazione in centri come quello di Mineo (circa quattromila) porta, inevitabilmente, a conseguenze difficilmente gestibili come la rivolta di centinaia di migranti che e’ sfociata in una guerriglia tipo black-block. Lanci di sassi, blocchi stradali, incendi e atti di vandalismo e quant’altro è proprio delle sommosse organizzate, è stato messo in atto. Tutto questo è avvenuto mentre, al largo delle coste siracusane, i nostri mezzi soccorrevano barconi in difficoltà con più di cinquecento migranti. Certo la difesa e la tutela dei diritti sono lecite ma per farlo bisogna, prima, conquistarsele. Per stigmatizzare la gratuita violenza, si cita l’aforisma che così recita: c’e’ piu’ forza nella gentilezza che gentilezza nella forza!