Il vescovo Mogavero: “Relazioni e dialogo al centro della nostra chiesa”
MAZARA DEL VALLO – Le relazioni, innanzitutto. E, di conseguenza, il dialogo. Su questi temi si svilupperà la terza tappa del percorso pastorale triennale 2013/2014, le cui linee guida sono state illustrate dal Vescovo Domenico Mogavero alla comunità di fedeli. L’anteprima era avvenuta coi nuovi Consigli presbiterali e pastorali, qualche giorno addietro, venerdì sera, sul sagrato della chiesa di San Vito a mare, la presentazione ai fedeli.
«Ci accorgiamo ogni giorno di più come uno dei nodi del nostro tempo sia proprio il dialogo, o – se vogliamo – la necessità del dialogo e le difficoltà che lo mettono in discussione. La prospettiva dalla quale approfondiremo questa tematica è quella che vede nel dialogo il farsi dono all’altro. Se il dialogo, e in fondo la relazione gratuita con l’altro, non diventa l’obiettivo della pastorale, allora tutto il nostro impegno rischia di ridursi a stilare programmi, a tenere riunioni, a ragionare su verifiche, perdendo di vista il fratello da amare e pretendendo di andare a Dio senza il fratello» ha detto il Vescovo. Il tema delle relazioni è al centro del nuovo percorso pastorale dando così una finalizzazione antropologica ed ecclesiale ai due piani precedenti (Prontamente, lasciato tutto, lo seguirono [cfr Mc 1,18] e Camminare secondo lo Spirito [cfr Gal 5,25]). Il Vescovo ha parlato di una «conversione pastorale, scandita da una dinamica esodale e da una sinodale».
Per la dinamica esodale, il Vescovo ha ribadito che «la nostra Chiesa, comunitariamente, come popolo, deve uscire dalle sicurezze della propria autoreferenzialità, delle proprie abitudini, anche quelle religiose e rituali. Anche la Chiesa quando diventa autoreferenziale, si ammala, invecchia». Ecco perché il Vescovo ha indicato alcune vie: «camminare verso il dia-logo pastorale non solo con i fratelli nella fede, ma anche con tutti gli uomini di buona volontà che incrociamo nel nostro cammino, il cammino verso la forma della liturgia come con-celebrazione, dove la preposizione con non indica solo la relazione tra con-fratelli, ma l’insieme della comunità di fratelli». Poi il riferimento a un «cristianesimo aperto, libero, capace di dialogo con tutti per costruire il bene comune nella giustizia al fine di rendere bello il volto dell’umanità e della terra, secondo il disegno originario di Dio che fece bene ogni cosa (cfr Gn 1)».
Per questo il Vescovo ha detto ancora: «È necessario che nell’unica persona del fedele-cittadino si incontrino la coscienza credente e la coscienza civica impegnata a costruire il bene comune nella realtà temporale». Il cammino pastorale del popolo di Dio deve diventare un’esperienza sinodale di dialogo e di relazioni tra interlocutori diversi. Così il Vescovo ha riassunto in quattro punti le prospettive sinodali di dialogo per l’identità della Chiesa che è in Mazara del Vallo: «dialogo tra vescovo e presbiteri; dialogo tra laici, presbiteri e vescovo; dialogo tra cristiani e uomini di buona volontà; dialogo tra cristiani e persone lasciate sole».
Da qui l’analisi, le prospettive e gli appelli: «Generalmente non riusciamo a intrecciare la cura pastorale e del bene comune con percorsi di promozione culturale che si sviluppano vicino a noi – ha detto il Vescovo – è tempo, perciò, di porsi in dialogo culturale e sociale con i tanti uomini di buona volontà per condividere quella volontà di bene che non è prerogativa individuale o esclusiva dei cristiani, ma appartiene a tutti coloro che hanno a cuore il bene comune. Se si accoglie questa prospettiva la pastorale deve farsi anche dialogo di legalità e di bellezza con quanti, attraverso la cultura e la giustizia, vogliono ridare a questa nostra terra la dignità dell’umano».
Poi l’attenzione al dialogo tra cristiani e agli uomini lasciati soli: «Oggi molte persone, anche nelle nostre comunità, vivono il dramma disperante della solitudine, determinata da povertà, malattie, dolore, lotte, tradimenti, fallimenti, abbandoni, rifugio nelle sette, ricorso a maghi e fattucchiere, ha detto il Vescovo. Non possiamo chiudere il cancello dietro alle novantanove pecore, senza preoccuparci di quelle perdute: dobbiamo uscire di notte a cercarle; dobbiamo ascoltarne il grido e raggiungerle; non possiamo restare tranquillamente al sicuro, in casa».