Il Presidente della Repubblica eletto per… implorazione
di Sergio Paternostro
Novembre 2012: presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, governo sostenuto da pd-pdl-scelta civica. Aprile/Maggio 2013, dopo le elezioni politiche e dopo l’elezione del presidente della repubblica: Giorgio Napolitano…
di Sergio Paternostro
Palermo, 22 Apr. – Novembre 2012: presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, governo sostenuto da pd-pdl-scelta civica. Aprile/Maggio 2013, dopo le elezioni politiche e dopo l’elezione del presidente della repubblica: Giorgio Napolitano ancora presidente e probabile (anche se per nulla certo) governo di larghe intese (stavolta politico e non tecnico) sostenuto da pd-pdl-scelta civica-Lega. L’unica differenza è che il governo sarebbe dei partiti e non dei tecnici e che esso sarebbe sostenuto anche dalla Lega. Una vera rivoluzione!
L’elezione di Re Giorgio al secondo mandato è l’ennesima (definitiva?) sconfitta della politica e dei partiti. Non si era mai vista in tanti anni un’elezione di un Presidente della Repubblica per “implorazione” da parte della politica, ancora una volta incapace di scegliere.
Il settennato di Napolitano (caratterizzato da luci e ombre) aveva già sancito il passaggio verso una figura di presidente della repubblica più politico che garante, ora con questa rielezione si fa un passaggio ulteriore: da democrazia parlamentare ad una monarchia di fatto.
Cosa è del nostro paese se per la seconda volta in un anno e mezzo la politica è costretta a ricorrere a un uomo di 88 anni per sbloccare una situazione di stallo, conferendogli di fatto gli stessi poteri di un re?
Al di là della generosità (detto senza alcuna ironia) di Napolitano di sacrificare gli ultimi anni della sua vita in un ruolo gravoso e di grande responsabilità, quello che resta di questi giorni sono soltanto macerie di cui i responsabili sono gli stessi che negli ultimi vent’anni hanno condotto verso la situazione attuale: una classe politica inadeguata a svolgere il proprio ruolo primario, che è quello di prendere delle decisioni.
I cumuli di macerie più voluminosi sono sicuramente da rintracciare nella zona del partito democratico o di quello che ne resta. Il suo leader (o presunto tale), pur essendo una brava persona ed essendo stato un buon uomo di governo, si è rivelato del tutto inadeguato e incapace per un ruolo che i fatti hanno dimostrato sovradimensionato rispetto le sue capacità.
Riassumiamo. Dopo le elezioni Bersani aveva fatto una prima mossa di una certa sagacia: la proposizione della coppia Boldrini-Grasso per la presidenza delle camere che aveva creato delle crepe nella compagine grillina. Dopo di ciò, ha percorso una strada difficile (ma probabilmente necessaria e sicuramente ambiziosa) di un’intesa con il Movimento 5 Stelle per un governo di cambiamento.
Incassato il no di Grillo, con la complicità della scelta di Napolitano di nominare le inutili commissioni di saggi, si è incartato. La strada è diventata farraginosa, la strategia confusa. E infine il patatrac degli ultimi giorni. La scelta di Marini, anche lui brava persona, ma rappresentante di una prima repubblica che non esiste più, portatore di schemi ormai logori e non più sopportati dall’elettorato.
Incassato l’accordo (in buona fede o sperando nella rottura del fronte nemico) di Berlusconi e mettendo le basi per “l’inciucio” con il PDL, senza avere il polso del suo partito si è sottoposto all’impietoso fuoco amico risultando sconfitto.
Ha provato a rimediare con la scelta di parte di Prodi, ma anche lì dalemiani e renziani nel segreto dell’urna lo hanno delegittimato definitivamente. Inascoltabili le giustificazioni del mancato appoggio a Rodotà (uomo da sempre di sinistra): è proposto da Grillo con un metodo discutibile.
Due brevi considerazioni: un leader che non riesce a capire né la sua base né il suo partito non è più tale; un partito che utilizza (come la vecchia democrazia cristiana) le elezioni del presidente della repubblica per i suoi conti interni non è un partito affidabile.
E ora? Tocca a Renzi rifondare? O sarà scissione? La strategia politico-comunicativa di Renzi sembra essere a metà tra quella di Berlusconi e quella di Grillo: non certo una grande premessa. Molti commentatori affermano che il PdL, più precisamente il Cavaliere, sia il vero vincitore della contesa.
E’ doveroso, e amaro, risaltare come sia facile dimenticare chi ci ha portato alla crisi intollerabile dello spread, chi diceva che i ristoranti e gli aerei erano pieni, chi degradava il suo ruolo con comportamenti poco consoni (non è un problema di decoro privato quanto di conseguenze pubbliche…vero Minetti?), chi ci ha attirato il discredito internazionale, assegnandogli come premio la patente di statista.
L’unica cosa fatta da Berlusconi è stata di stare fermo e aspettare cosa succedeva dall’altra parte. Forte del fatto che al Pd toccava l’onere dell’iniziativa, non ha fatto alcuna proposta limitandosi a scegliere tra ciò che gli proponeva l’avversario.
Un moto di iniziativa e di innovatività? Proporre una donna per esempio: Bonino? Cancellieri? Certo è che l’autodistruzione del Pd ha fatto sembrare il Pdl un blocco coeso. Ormai Berlusconi si propone senza dubbi come prossimo candidato premier senza nessuna contestazione interna: il nuovo che avanza? E Grillo? Anche lui accreditato come vincitore.
Certo ha incassato un’altra grama figura dei partiti, e questo sicuramente lo rafforza. Certo dopo aver sbarrato la porta al governo con il Pd ed averla aperta alla strada dell’inciucio, l’offerta di aprire praterie per il governo in cambio del voto per Rodotà non era particolarmente credibile.
E poi le quirinarie: quanti hanno votato? Quanti voti hanno preso i candidati? Si sente dire che chi critica il Movimento 5 Stelle guarda la pagliuzza altrui senza considerare la propria trave. Ma il movimento non si propone in competizione con i tradizionali partiti per cui sarebbe adeguata la logica del “meno peggio”, esso si propone come un modello radicalmente alternativo al sistema che combatte per cui da esso si richiede, giocoforza, un atteggiamento inattaccabile da vari punti di vista tra cui proprio la trasparenza.
Si consiglia, inoltre, a Grillo più morigeratezza nell’uso delle parole: parlare di “golpe” per una scelta (discutibilissima e infatti ne discutiamo) fatta dal parlamento nel pieno rispetto della costituzione e invocare un’adunanza a Roma che è sempre di lugubre memoria non è un modo geniale di proporsi come uomo di svolta nell’alveo delle istituzioni democratiche.
Monti e la Lega? Non pervenuti. Se il prossimo governo fosse davvero quello prospettato, la previsione più ovvia è che duri poco vista la forte eterogeneità delle forze in campo e data l’assenza di un teorico terzo (il primo Monti) in grado di mediare e sintetizzare le diverse istanze.
Ma, per favore, fate almeno una legge elettorale che impedisca che i nostri occhi vedano nuovamente lo scempio a cui abbiamo assistito la scorsa settimana.