Il pubblico ministero del processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia, Nino Di Matteo, ha presentato ricorso al Tar del Lazio, contro la sua esclusione dalle nomine dei tre nuovi sostituti della Direzione nazionale antimafia. In 30 pagine, firmate dagli avvocati Mario Serio e Giuseppe Naccarato, viene definita “umiliante” l’esclusione del magistrato più volte minacciato da Cosa nostra e costretto a vivere sotto scorta, con lo stesso livello di protezione riservato ai capi di Stato.
Di Matteo sottolinea la “ingiusta minimizzazione” delle sue “immagine e biografia”, ma anche che sia stato ignorato il “valore degli anni di sacrifici, rischi, impegno in cui si è articolata la sua carriera al servizio della giustizia”. In marzo il Csm aveva nominato in Dna Eugenia Pontassuglia, pm del caso escort-Tarantini-Berlusconi, a Bari, il sostituto procuratore generale di Catanzaro Salvatore Dolce e il pm napoletano Marco Del Gaudio, che si è occupato del caso Finmeccanica.
I legali di Di Matteo parlano di “sistematica, algebricamente calcolata e calibrata sottovalutazione dell’ineccepibile e solidissimo profilo professionale del ricorrente”, sostenendo che la sua esperienza è stata ingiustamente ritenuta insufficiente.
In una intervista Di Matteo aveva parlato della prevalenza della logica delle correnti nelle decisioni del Csm, sostenendo che chi si pone fuori da questa logica viene penalizzato.
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