Il boss pentito Gaspare Mutolo ha deposto ieri al processo sulla trattativa Stato mafia. Mutolo è stato interrogato collegato in video conferenza con il processo che si è svolto nell’aula bunker di Palermo. Tra tutte le dichiarazioni del pentito la più grave è quella che: “Mi sono autoaccusato di omicidi che non ho mai commesso. Io avevo il compito di indurre i mafiosi a collaborare. Stavo svolgendo un lavoro dentro il carcere. La strategia era di controllare i mafiosi, di farli finire in galera e di indurli a collaborare anche dopo anni”. Così il pentito si accusa degli omicidi di Di Maggio e di Inzerillo.
Ad interrogarlo il pm Roberto Tartaglia, con accanto seduto il collega Nino di Matteo.
Si parte dal primo incontro tra Mutolo e Giovanni Falcone. La data del loro primo incontro risale al 1 giugno del 1992. In quella occasione Falcone non potè raccogliere le confessioni di Mutolo perché era a capo della super procura a Roma. Ma in quella occasione invitò Mutolo a incontrare Borselllino. L’incontro si svolse l’1 luglio del 1992. Doveva essere un incontro segreto a tutti gli effetti accanto alla prefettura di Roma. Ma così non fu. Mutolo voleva parlare da solo con Borsellino. Non si fidava né degli agenti di polizia né di altri giudici. A quell’incontro era presente anche il giudice Aliquò. Mutolo ha dichiarato: “Sono riuscito a parlare da solo con Borsellino sono quattro minuti, nei quali accennai a Carnevale e Andreotti”. Ma proprio durante quell’interrogatorio Borsellino ricevette una telefonata “sospetta” dal Ministero e fu costretto ad allontanarsi per mezzora. Secondo il pentito il ministro Mancino chiamò direttamente al cellulare Borsellino. Il pentito descrive la reazione del giudice a questa telefonata: “era dispiaciuto di dover interrompere il nostro incontro”. Mutolo dichiara che Borsellino gli disse dopo aver chiuso la conversazione: “Gaspare mi ha chiamato il Ministro devo andare”. Quando torno Mutolo vide Borsellino decisamente nervoso “tanto che accese due sigarette contemporaneamente”. Il pentito lo fece notare e notò che Borsellino era contrariato al suo ritorno. Mutolo dichiara che: “Credo che fosse arrabbiato perché al ministero aveva incontrato il capo della Polizia Vincenzo Parisi e Bruno Contrada. Nessuno avrebbe dovuto sapere del nostro incontro, ma invece Borsellino mi portò i saluti di Contrada che gli disse una frase sibillina da riferire a Mutolo: “Gli dica che quando vuole sono a sua disposizione”.
Mutolo durante il suo interrogatorio ripete più volte che l’obiettivo del suo incontro con il giudice Borsellino era quello di: “mettere in sicurezza il braccio armato della mafia e far avere per loro degli sconti di pena”.
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