Il Manifesto delle città Solidali: la storia degli ultimi due anni

Il Manifesto delle città Solidali (2019). L’argomento sono gli sbarchi degli immigrati. Sentito questo la mente vola subito all’Africa, un continente che un tempo avremmo definito in via di sviluppo. Continente povero soggetto negli anni a colonialismo e quindi guerre per le ricchezze del sottosuolo, a carestie e quindi fame e malattie, a fenomeni migratori di massa.

In realtà l’argomento di cui si discute non è così grande, ma più ristretto. E quindi prima di iniziare a parlarne bisognerebbe fare alcune distinzioni. La prima distinzione riguarda il fenomeno delle navi fantasma che espongono bandiere di comodo. La necessità di richiamare quest’argomento sta nella correlazione che esso ha con altri due fenomeni tra loro collegati: quello dello smaltimento dei rifiuti in mare e quello riguardante gli Stati che permettono a qualsivoglia nave di utilizzare la propria bandiera per fini più o meno leciti. Sono le nazioni FOC, da Flag Of Convenience, e ne è stata stilata una lista: in totale sono 28. Ritornando al problema dello smaltimento dei rifiuti, è un fatto reso noto moltissimi anni fa, ma la cui soluzione si è allontanata nel tempo. Basti pensare che è del 1972 la Convenzione di Londra sulla prevenzione dell’inquinamento marino causato dallo scarico di rifiuti ed altre materie. Questa convenzione per ratificarla in Italia si è dovuto aspettare più di 34 anni con la Legge 87 del 2006, ed ancora oggi misuriamo l’inquinamento del mediterraneo, causato dalle navi affondate con questi rifiuti. Oltretutto non ebbe quasi nessun effetto, proprio perché in quanto Convenzione ha bisogno di qualcuno che la accetti, e sono moltissimi gli Stati Africani e Sud Americani a non volerlo fare.
La seconda distinzione riguarda le carrette del mare. Questa espressione richiama la fatiscenza delle imbarcazioni utilizzate dai migranti per attraversare i mari in cerca di fortuna. Anche questo fenomeno ha origine negli anni ’70, si pensi alla diaspora vietnamita riportata alla ribalta dall’impegno civile espresso da grandi intellettuali francesi come Jean paul Sartre ( Video dell’INA, Institut national de l’audiovisuel ). O successivamente negli anni 90, con la diaspora albanese, la cui gravità è stata ben espressa visivamente dal film di quegli anni di Gianni Amelio: Lamerica. Quest’ultimo argomento ci permette di fare un’ulteriore distinzione, richiamando le diaspore che hanno interessato il mondo arabo. Si parla di diaspora Irachena, ma soprattutto di diaspora Siriana, fenomeni i cui dati sono così impressionanti, da non aver voglia neanche di leggere le poesie del gruppo Tammuzi. L ‘Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati tiene una pagina aggiornata sul fenomeno che è possibile visitare. L’ultimo numero presente indica 5.681.901. Possiamo, quindi iniziare ad addentrarci nel fenomeno che più ci interessa in questo momento. Gli sbarchi di immigrati con mezzi di fortuna che stanno interessando il mediterraneo negli ultimi anni, qui parliamo degli ultimi due anni, con partenza, in prevalenza dalle coste libiche. Questo problema è stato trattato mediaticamente attraverso due diversi argomenti. Il primo di portata umanitaria, riguarda il fatto che, quando queste navi di fortuna affondano, causano la morte di migliaia di persone. L’altro riguarda le Ong, associazioni non governative, come, per esempio, la Proactiva Open Arms, Medici senza frontiere, SeaWatch che hanno allestito delle navi per salvare i natanti in difficoltà in questa zona di Mediterraneo. Utilizzando sempre i dati di UNHCR, solo nel 2018 si sono spostate 123.109 persone, provenienti soprattutto da Guinea (11,08 per cento), Marocco (11,05 per cento), Mali (9,4 per cento) e Siria (8,9 per cento). Di queste, 116.295 hanno raggiunto via mare, le coste d’Italia, Spagna, Grecia e dell’isola di Cipro. Più del 20 per cento erano bambini. Non tutti ce l’hanno fatta: 2.262 migranti hanno perso la vita o risultano ancora dispersi. Ma c’è un altro modo di guardare al fenomeno, che è quello dell’impatto mediatico che ha avuto sulla politica l’interessamento delle ONG al problema. Questo perché sono state previste misure ed azioni politiche che hanno modificato il fenomeno, sempre negli ultimi due anni.
Guardando a questi grafici diffusi dal Dipartimento di Pubblica sicurezza l’anno scorso, si osserva che, Manifesto delle città solidali

i migranti sbarcati in Italia nei primi cinque mesi del 2018 sono in calo del 77,14 % rispetto allo stesso periodo del 2017. Il cambiamento sarebbe dovuto agli accordi stretti dall’ex ministro dell’Interno Marco Minniti con le milizie armate in Libia, che si sono adoperate per bloccare le partenze dei barconi. Era stato lo stesso UNHCR, attraverso il suo inviato speciale nel Mediterraneo, Vincent Cochetel a sollecitare gli Stati e le autorità che si trovano lungo le rotte di transito a fare tutto il necessario per smantellare e fermare le reti di trafficanti, “Per poter salvare vite in mare è necessario adottare misure appropriate per assicurare alla giustizia coloro che cercano di guadagnare dallo sfruttamento di esseri umani vulnerabili”.
Anche i dati  diffusi dal Ministero dell’Interno due giorni fa registrano il decisivo cambiamento rispetto al 2017.

Manifesto delle città solidali
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Guardando ai primi mesi del 2019, relativamente al numero di migranti sbarcati, si registra un -97,84% rispetto al 2017 e un – 95,72% rispetto al 2018. E’ importante evidenziare il punto di vista delle ONG, di questi ultimi anni, perché al centro di attriti e tensioni politiche, dovute soprattutto al cambio di vertici al Viminale, con l’arrivo del Leghista Salvini al Ministero. Infatti con il blocco della SeaWatch 3 non rimane più attiva nessuna ONG nel Mediterraneo. In realtà la controreplica mediatica, è stata che non sono stati fermati gli sbarchi, ma semplicemente, i natanti di fortuna, hanno spostato in Spagna la propria meta. Effettivamente il nuovo direttivo di governo ha invitato a più riprese gli altri Stati europei ad accogliere loro gli immigrati, portando a quei blocchi delle navi nei porti con gli immigrati a bordo, che hanno segnato tutto il 2018.
Ecco alcuni dei titoli dei giornali dell’anno scorso che ben evidenziano il fenomeno “ Aquarius, l’accusa choc di Msf: “Migranti ostaggio dei politici. La presidente dell’Ong attacca l’Europa: “Stanno creando una crisi umanitaria. Responsabilità è di Salvini e Orban .“ o ancora il caso della Open Arms “ Msf: “Chiediamo un porto sicuro. E sulla ong i migranti festeggiano il Natale “. Per finire il caso più eclatante della Nave Diciotti della Guardia Costiera che nell’agosto 2018, il Ministro Matteo Salvini ne ha bloccato la procedura di sbarco di 177 migranti giunti al porto di Catania a bordo dell’unità navale. “Nave Diciotti, Salvini contro Fico. ‘O cambiate Paese o cambiate me’ “.
Questo il resoconto in breve del blocco di ogni attività di salvataggio in mare da parte delle ONG che si è verificato nel ultimo anno e mezzo.

La reazione politica delle ONG. Il Manifesto delle città solidali

Ieri a Roma si è tenuto un incontro che ha visto protagonisti politici e sindaci di alcune città italiane e spagnole, organizzato dalla ONG OpenArms, per cercare di arrivare ad un Manifesto condiviso delle città solidali, nel tentativo di affrontare attivamente la situazione nel Mediterraneo in un’ottica di valorizzazione dei diritti democratici ed umani. Importantissima la presenza di ben due Sindaci siciliani, Leoluca Orlando e Francesco Italia per Siracusa. Ecco nel dettaglio chi ha partecipato all’incontro. Luigi Manconi (Presidente A Buon Diritto), Oscar Camps (Fondatore Open Arms), Ada Colau (Sindaca Barcellona), Francesco Italia (Sindaco Siracusa), Leoluca Orlando (Sindaco Palermo), Luigi de Magistris (Sindaco Napoli), Manuela Carmena (Sindaca Madrid), Pedro Santisteve (Sindaco Saragoza), Pierfrancesco Majorino (Assessore Politiche Sociali Milano), Virginio Merola (Sindaco Bologna), Damiano Coletta (Sindaco Latina).
Il Manifesto si articola in sette punti, che preferiamo riportare interamente, aspettando di conoscerne le reazioni.
1. Il Mar Mediterraneo è stato la casa comune di civiltà millenarie nelle quali l’interscambio culturale ha significato progresso e prosperità. Oggi è divenuto la fossa comune di migliaia di giovani che vi trovano la morte per l’assenza di canali d’ingresso legali e sicuri. Le città, luogo di convivenza di uomini e donne di origini molto diverse tra loro e rifugio di migranti e richiedenti asilo, guardano con stupore alla deriva (all’atteggiamento?) degli stati europei nei confronti dei diritti delle persone che cercano di attraversare il Mediterraneo.
2. Riteniamo legittimo l’obiettivo di fuggire dalla violenza o dalla mancanza di opportunità e libertà democratiche, e crediamo che la soluzione sia la pace e la democrazia, così come riteniamo che le migrazioni debbano essere gestite in maniera ordinata sotto il coordinamento di diversi organi  governativi. Riconosciamo altresì che i nuovi arrivati e le nuove arrivate debbano avere gli stessi diritti e gli stessi doveri di ogni altro cittadino.
3. La chiusura dei porti italiani e maltesi alle navi di soccorso e il recente blocco burocratico nei porti spagnoli e italiani delle navi Open Arms, Aita Mari, SeaWatch3, insieme a quello dei porti francesi, sono esempi pratici di come anche l’Europa stia naufragando.
4. Riteniamo che l’Europa naufraghi quando viola la legge del mare, quando riduce i mezzi della  propria guardia costiera, quando accusa di traffico di esseri umani chi li soccorre, facendo ciò che dovrebbero fare gli stati, quando cerca di annullare i meccanismi di solidarietà nelle nostre città. Naufraga  quando i governi europei, nascosti dietro le proprie bandiere e presunte soluzioni pratiche, rifiutano di aiutarsi in modo solidale nell’affrontare il tema dei flussi migratori dovuti a conflitti regionali. Naufraga il progetto europeo, quando si vendono armi e si alimenta il conflitto a  Sud e a Oriente del Mediterraneo senza assumersene alcuna responsabilità, quando si sceglie  di alzare muri per creare zone di buio informativo e umanitario, quando si chiudono le frontiere comprando governi terzi e pagando eserciti stranieri affinché  facciano il lavoro sporco. Naufraga  quando si confondono le vittime dei conflitti con i loro assassini, come sta facendo l’estrema destra europea.
5. Dobbiamo salvare l’Europa da se stessa. Rifiutiamo di credere che la risposta europea di fronte a questo orrore sia la negazione dei diritti umani e l’inerzia di fronte al Diritto alla Vita. Salvare vite non è un atto negoziabile e negare la partenza alle navi o rifiutarne l’entrata in porto, un crimine. Costringere  le persone a vivere in un clima crescente di disuguaglianza su entrambe le sponde del mare è una soluzione a breve termine che non garantisce alcun futuro, soprattutto quando i flussi migratori più imponenti si producono seguendo altre rotte, non quelle marittime.
6.Le città presenti vogliono riconoscere l’azione e il coraggio della società civile rappresentata dalle navi di Open Arms, SeaWatch, Mediterranea, Aita Mari, SeaEye, del peschereccio di Santa Pola, del sindaco di Riace, della Guardia Costiera italiana e dello spagnolo Salvamento Maritimo, così come di tutte le organizzazioni umanitarie che operano alle frontiere. Esigiamo che il governo italiano e quello spagnolo nonché la Commissione Europea abbandonino la strategia di bloccarle e criminalizzarle.
7. Oggi ci siamo riuniti a Roma per sigillare un’alleanza tra città europee che diano appoggio alle organizzazioni umanitarie e alle navi europee di soccorso nel Mediterraneo. Allo stesso tempo, le città europee continueranno a lavorare insieme per combattere l’involuzione dei principi fondativi della UE e riportare il progetto europeo a galla. Un’alleanza in mare e una in terra per un Mediterraneo che abbia un futuro.