Alessandro, hai interpretato Giorgio con delle belle sfumature. Tuttavia, non si può fare a meno di notare che sei spesso chiamato a indossare i panni del cialtrone, dell’inguaribile fedifrago…
AG: “Se non trovano di meglio in giro, chiamano me, è così; non so per quale motivo… Mi è capitato di fare questo tipo di personaggio con buoni risultati. Una tendenza cominciata anni fa e ritornata con il successo di Caos calmo e con suoi i relativi premi. Alla fine di cialtroni me ne hanno proposti molti, e in gran parte li ho rifiutati! Ho accettato quando mi piacevano in sede di scrittura, e questo era senz’altro quello scritto meglio.”
Quanto ti è stato chiesto di frenare la drammaticità del tuo ruolo, Valentina, visto che ti trovavi in una commedia?
VL: “In realtà Luca (Lucini, ndr) mi ha sempre detto che dovevo essere vera. Sara, il mio personaggio, in effetti sta vivendo un piccolissimo dramma d’amore, e il nostro meraviglioso regista mi ha detto: vivilo.”
LA: “Una sfida particolare. Ti racconto una cosa che finora non ho detto a nessuno: per tutta la prima parte del film ho pensato a Leonardo come uno al quale è rimasta una foglia di spinacio fra i denti. Sai quando non te ne rendi conto ma hai il dubbio che ci sia? Vive in un imbarazzo perenne, e il fatto di farglielo perdere nella seconda parte, di lasciare che si aprisse in un bel sorriso senza avere più timore di quella foglia incastrata, è stato molto divertente.”
Quanto pensate che le istituzioni, che attualmente con i loro tagli sembrano ostacolare di proposito il mondo dello spettacolo, abbiano paura del cinema italiano?
AG: “Non credo che abbiano paura, noi non facciamo paura a nessuno, né vogliamo farne. Vogliamo soltanto continuare a fare il nostro mestiere, e mi sembra che il Presidente della Repubblica, in occasione dei Premi De Sica, abbia lanciato un messaggio chiaro e forte: in un Paese civile la cultura non può essere trattata in questo modo. Secondo me una sua dichiarazione ha più peso delle nostre.”
VL: “Penso che noi non vogliamo cambiare il mondo, bensì far conoscere il mondo attraverso il nostro lavoro. Quindi, forse un po’ li spaventiamo. Però è un problema loro.”
LA: “Io non ritengo che siano spaventati, semplicemente non capisco perché non si mettano a un tavolo a fare i conti; visto che questi conti tornano, non si comprende il perché della loro sordità. Però probabilmente non hanno paura. Forse noi dovremmo spingere di più: vediamo fino a che punto si arriva.”
Massimo Arciresi
[fotografie: Rosy Giordano]
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