Il centro Impastato intervine su scarcerazione Vito Badalamenti
‘Prima Michele Aiello mandato a casa perché affetto da favismo, ora Vito Badalamenti graziato per aver trascorso in latitanza gli anni che doveva passare in carcere. Ci chiediamno se il magistrato che…
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di redazione
‘Prima Michele Aiello mandato a casa perché affetto da favismo, ora Vito Badalamenti graziato per aver trascorso in latitanza gli anni che doveva passare in carcere. Ci chiediamno se il magistrato che ha firmato il provvedimento per Aiello abbia il senso del ridicolo e se la legge che è stata utilizzata per il rampollo di Tano Badalamenti non sia il lasciapassare per l’impunità.’ Lo scrivono in una nota i componenti del Centro Siciliano di documentazione Peppino Impastato.
‘Abbiamo penato più di vent’anni per ottenere la condanna dei mandanti dell’assassinio di Peppino Impastato, abbiamo dovuto far ricorso alla Commissione parlamentare antimafia per fare chiarezza sulle responsabilità di rappresentanti della magistratura e delle forze dell’ordine nel depistaggio delle indagini, ora assistiamo a nuovi esempi della giustizia italica che riempie le carceri di tossicodipendenti e di extracomunitari e apre le porte ai mafiosi e ai loro complici.
Non assisteremo in silenzio a questi spettacoli ‘ si legge ancora nella nota – Stiamo facendo ristampare una nuova edizione del volume Peppino Impastato anatomia di un depistaggio con la relazione della Commissione parlamentare antimafia, con nuovi interventi di Giovanni Russo Spena, allora presidente del Comitato sul “caso Impastato” costituitosi nel 1998 presso la Commissione antimafia, di Umberto Santino, presidente del Centro Impastato, e di Giovanni Impastato, fratello di Peppino.
Nel polverone che minaccia di sollevarsi anche per la strage nella caserma di Alcamo Marina del gennaio 1976, dopo l’accertamento dell’innocenza delle persone che furono condannate in base a “confessioni” estorte con la tortura, riteniamo che sia giunto il momento di fare chiarezza sui tanti buchi neri della giustizia nostrana.
La relazione della Commissione antimafia, che fa i nomi e i cognomi dei responsabili del depistaggio, a cominciare dall’allora procuratore capo Gaetano Martorana e dall’allora maggiore Antonio Subranni, un caso unico nella storia dell’Italia repubblicana, dev’essere un punto di riferimento ‘ conclude la nota – per chi vuole sul serio districare il groviglio di complicità, trame e “trattative” tra mafia e istituzioni che hanno mortificato la democrazia nel nostro paese. ‘