di redazione
Mentre il figlio Angelo invoca in tv cure per il padre “gravemente malato”, i periti nominati dalla Corte d’assise d’appello di Palermo ritengono il capomafia Bernardo Provenzano “capace di stare validamente in giudizio”. La perizia, ordinata dai giudici, esclude dunque quanto sostenuto dalla difesa a proposito della demenza e dell’incapacità di Provenzano di capire quel che avviene attorno a lui. I due medici – Iaccarino e Crisci – hanno escluso, dunque, che sussista l’infermità che per il codice di procedura penale pregiudica la cosciente partecipazione al processo del capomafia, imputato in appello dell’omicidio di Ignazio Panepinto, ucciso a San Giovanni Gemini nel 1990. Sulla lucidità del boss i due periti – un neurologo e uno psichiatra – non hanno dubbi, ma che Provenzano sia molto malato si evince anche dalla relazione depositata alla corte: oltre a un inizio di Parkinson e un’encefalite destinata a peggiorare, il capomafia, detenuto al 41 bis a Parma, avrebbe problemi al colon. Tanto che il carcere sollecita da mesi l’effettuazione di una colonscopia che all’interno dell’istituto di pena non può essere fatta e che, per problemi di sicurezza legati al trasferimento all’esterno del paziente, è difficilissimo fare fuori. All’istanza il legale ha allegato le lettere ricevute dal suo cliente: “sono sconnesse, dimostrano la sua difficoltà a capire e seguire cosa gli si dice”, commenta. Dal carcere, inoltre, si chiede a un neurologo di valutare la possibilità di trovare qualcuno che aiuti il boss nelle attività quotidiane che non sarebbe più in grado di assolvere. Un quadro grave, dunque, sul quale l’avvocato sentirà i periti che il 30 marzo compariranno davanti alla corte d’assise d’appello per illustrare la loro relazione. Nel processo per l’omicidio di Ignazio è imputato pure Toto’ Riina: anche per lui il difensore aveva sollecitato la perizia d’ufficio, ma i giudici non avevano ritenuto che ve ne fossero gli estremi.
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