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di redazione
Avrebbe cercato di soffocarsi infilando la testa in una busta di plastica, ma i poliziotti del Gruppo operativo mobile lo hanno fermato in tempo. E’ accaduto la notte fra mercoledì e giovedì, intorno a mezzanotte e trenta. L’episodio non ha avuto conseguenze su Provenzano, che non è stato neppure portato in ospedale. Dell’accaduto sono stati subito informati l’autorità giudiziaria e il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria secondo cui il boss avrebbe fatto solo una messinscena. Il boss già da giorni avrebbe cercato di spacciarsi per pazzo. L’altra sera, quando l’addetto alla sorveglianza si è avvicinato, Provenzano ha messo la testa dentro un sacchetto di plastica di piccole dimensioni; uno di quelli usati per conservare i farmaci. L’intervento dell’agente, come viene sottolineato, è stato comunque tempestivo. Per dare prova della sua instabilità mentale, ieri il boss sosteneva di non riuscire neppure a fare uno dei gesti più ripetitivi della quotidianità, sedersi su una sedia. Ma il legale del capomafia, Rosalba Di Gregorio, si chiede “Cosa ci faceva quel sacchetto nella cella di Provenzano’ Chi glielo ha dato'”. Bernardo Provenzano, che ha 79 anni ed è detenuto dal 2006 in regime di 41 bis (il carcere duro), sta scontando le sue condanne all’ergastolo nella sezione protetta del carcere di Parma. Il capomafia di Corleone, ritenuto con Totò Riina uno dei capi di Cosa nostra, è da tempo gravemente malato, è infatti reduce da un tumore alla prostata, soffre di un inizio di Parkinson e di un’encefalite destinata a peggiorare: recentemente è stato però ritenuto in grado di partecipare ai processi e di “difendersi utilmente”. ‘E’ un episodio strano per il penalista Di Gregorio, ci chiediamo come mai un collegio di periti lo abbia recentemente dichiarato capace di seguire il processo e difendersi’. Un neurologo e uno psichiatra hanno, infatti, stabilito la capacità di intendere e di volere di Provenzano. Il super boss ‘può stare validamente in giudizio” e presenziare al processo’ che lo vede imputato in appello a Palermo per l”omicidio di Ignazio Panepinto, ucciso a San Giovanni Gemini, in provincia di Agrigento, nel 1990. Da tempo il legale del padrino corleonese denuncia la malattia dell’assistito. Oltre al tumore alla prostata, quello per cui andò a curarsi in trasferta a Marsiglia, Provenzano soffrirebbe di una forma di dissociazione dalla realtà. Un problema neurologico causato da alcuni attacchi ischemici. Non sarebbe capace di badare a se stesso. Sulla vicenda interviene anche il sindacato di polizia penitenziaria Osapp, il quale sottolinea che il tentativo di suicidio del boss “è stato sventato solo grazie alla solerzia degli uomini del Gom della polizia penitenziaria, la sola, ormai, rimasta a fronteggiare la disfatta del sistema carcerario italiano”. Il segretario generale Leo Beneduci accusa: “Anche in questa occasione, che accende di nuovo i riflettori sugli istituti di pena, resta la nostra denuncia forte sulla disastrosa situazione nella quale versano gli istituti penitenziari italiani: sovraffollati, malmessi e privi di adeguato personale”.
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