Il baratto: soldi da Roma in cambio dello scioglimento anticipato dell’Ars
Soldi per chiudere il bilancio della Regione in cambio dello sfratto anticipato al governo Crocetta e conseguente scioglimento dell’Assemblea Regionale: sarebbe questo l’accordo raggiunto a Roma dalla “trojka” nostrana che ormai guida la Sicilia. L’Assessore – commissario Baccei, il segretario regionale del PD Fausto Raciti e il proconsole di Renzi, nonché sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone.
E il Presidente eletto, il rivoluzionario Crocetta? Accontentato con un seggio parlamentare a Roma, dove l’Italicum consente di eleggere chiunque, visto che siciliani disposti ancora a votarlo in giro se ne trovano soltanto fra i diretti beneficiati del “cerchio tragico”.
L’accordo, raggiunto anche con la mediazione di Delrio come ultimo atto da Sottosegretario alla Presidenza, prevede che lo Stato trasferisca alla Sicilia complessivamente circa 2,6 miliardi di euro: di questi 2,2 sono trasferimenti ordinari e dovuti, mentre 400 milioni servono a tappare parzialmente il buco, stimato in quasi 700 milioni.
I restanti 300 milioni dovranno venire fuori dai tagli della Finanziaria regionale che dovrà essere approvata entro il mese di aprile.
Tutto risolto dunque? Sulla carta sì anche se ci sarà da far inghiottire l’amaro boccone ai novanta deputati dell’Ars che con il Bilancio approveranno anche l’uscita anticipata da Palazzo dei Normanni e dai privilegi connessi all’incarico. Peraltro con la consapevolezza che tentare il rientro non sarà né agevole, né economico atteso che i posti disponibili si ridurranno a settanta e che fuori dal Palazzo tira una brutta aria per tutti coloro che hanno consentito a Crocetta e soci, di distruggere quel poco che restava dell’economia siciliana.
D’altro canto i margini di manovra sono strettissimi perché, se per ipotesi i deputati non volessero approvare il bilancio (e il relativo accordo) andrebbero a casa anche prima attraverso il commissariamento.
Quindi non resta che firmare il proprio “esilio” incrociando le dita nella speranza che, per qualche motivo, i risvolti della politica nazionale rendano non necessario o funzionale il voto in Sicilia.
Come bilancio di due anni e mezzo di sedicente rivoluzione Crocettiana non c’è male.