ROMA (ITALPRESS) – Dietro quel faccione affabile, dal sorriso sornione e gentile, si nasconde una maschera a volte leggera, altre inquieta. Mille volti, mille smorfie, mille personaggi da raccontare e vite da sviscerare. Lui che comico è sempre stato, da vero genio creativo ha intuito che non poteva restare incatenato ai soggetti che ha reso mitici, con il rischio di trovarsi condannato al tormentone, alla banalità della ripetizione ossessiva della battuta, al pericolo di regredire alla macchietta.
Carlo Verdone, 70 anni il prossimo 17 novembre, è l’archetipo perfetto dell’attore innovativo, capace di reinventarsi ogni giorno. Perché se oggi si celebra il grande attore lo si deve anche a film come “Borotalco”, “Acqua e sapone”, “Al lupo al lupo”, “Maledetto il giorno che t’ho incontrato”, in cui più che alla commedia all’italiana strizza l’occhio al cinema americano. Gli esordi negli anni ’70. Maturità classica al Liceo Tasso, laurea in Lettere alla Sapienza, si accosta al cinema con sperimentazioni quasi di avanguardia, armato di una cinepresa Bolex Paillard vendutagli da Isabella Rossellini. Ma la sua grande dote è stata quella di imitare e rappresentare personaggi; dal salotto di casa finirà sul palco di un teatro sperimentale con l’Alberichino, dove metterà in scena il suo primo spettacolo “Tali e quali”.
Enzo Trapani attirato da quella nomea crescente lo volle in “No stop”, il programma Rai che lancerà i più grandi comici di quella generazione. Quei personaggi fecero appassionare Sergio Leone che intuì il potenziale dell’attore, capendo che quel successo in tv avrebbe avuto un seguito anche nelle sale. Nacque con Leone il Verdone attore e regista. Il primo fu un “Sacco bello”, film cult per eccellenza, poi arrivò “Bianco, rosso e verdone”. Dopo le due pellicole, che furono un successo, Verdone fu davanti ad un bivio: proseguire sulla strada della comicità, puntare sul refrain dei personaggi con il rischio di stancare e diventarne ostaggio, oppure dare una svolta. Optò per la seconda soluzione, complice la sponda di Mario Cecchi Gori azzardò, si giocò la carta della comicità matura priva di macchiette.
“Borotalco” è il film che ha dato una sterzata alla sua carriera; poi arriveranno “Acqua e sapone”, “Io e mia sorella”, “Compagni di scuola”, film corale che va annoverato tra le prove più difficili e ben riuscite di Verdone, considerato “Il grande freddo” italiano. Ed ancora titoli come “Stasera a casa di Alice”, “Al lupo al lupo”, “Perdiamoci di vista”. Non mancherà di invasioni nel campo della comicità pura, non disdegnerà le sue maschere che rispolvererà con successo rendendoli sempre attuali come in “Viaggi di nozze” o in “Grande, grosso e Verdone”.
Tra i film più difficili e travagliati va di sicuro annoverato l’ultimo, “Si vive una volta sola”, uscito nei giorni in cui è esplosa la pandemia da Covid. Nonostante il ritiro, Verdone cultore entusiasta delle sale, ha declinato la via delle pay tv, dello streaming, ma ha chiesto una nuova ridistribuzione nelle sale la prossima primavera, sicuro che i teatri e i cinema torneranno a essere pieni, perché – dirà in un’intervista- “c’è voglia di condividere ed aggregare”.
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