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Hikikomori, fenomeno giapponese di ragazzi che vivono chiusi in camera

Fenomeno Hikikomori. Si rifiutano di uscire, di vedere gente e di avere rapporti sociali. Vivono in camera da letto. In quella stanza leggono, disegnano, dormono, giocano con i videogiochi e navigano su Internet.

Hikikomori in giapponese significa “stare in disparte” e colpisce sempre più adolescenti (anche italiani).

Proteggono loro stessi dal giudizio del mondo esterno. Non è un disagio rispetto alle nuove tecnologie. Le cause sono molteplici.

L’isolamento può durare mesi o anni. E per gli esperti è certa una cosa: il problema non si risolve mai spontaneamente.

Hikikomori, cosa è

L’hikikomori è un meccanismo di difesa messo in atto come reazione alle eccessive pressioni di realizzazione sociale tipiche delle società capitalistiche economicamente più sviluppate.

Ragazzi e ragazze si trovano a dover colmare virtualmente il gap che si viene a creare tra la realtà e le aspettative di genitori, insegnanti e coetanei.

Quando questo gap diventa troppo grande si sperimentano sentimenti di impotenza, perdita di controllo e di fallimento.

Hikikomori, i numeri in Italia

In Giappone ci sono di oltre 500.000 casi accertati. Nel nostro Paese, secondo i dati disponibili attraverso Hikikomori Italia, alcune stime riportano almeno 100.000 casi. E potrebbero aumentare in breve tempo.

La maggior parte dei ragazzi hanno tra i 15 e i 25 anni, ma non mancano casi più giovani o più adulti.

Provengono da famiglie benestanti e spessissimo sono figli unici in quanto subiscono le maggiori aspettative genitoriali. In moltissimi casi sono figli di genitori separati.

Cosa fare per uscire dal tunnel

Oggi ci sono pochi terapeuti ben formati sul problema. I medici non conoscono il fenomeno, non sanno da dove iniziare e tendono a inquadrarlo nelle categorie classiche: fobia sociale, disturbo della personalità, depressione.

L’approccio corretto richiede il coinvolgimento dei entrambi i genitori. Spesso accade che solo la mamma si renda disponibile. La buona riuscita della terapia dipende anche dal papà.

Redazione

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