Gli stipendi d’oro delle Camere di Commercio siciliane
Se all’Assemblea siciliana il compenso del segretario generale non può superare i 240 mila euro per effetto della spending review e alla Regione per i superburocrati neo contrattualizzati il tetto per legge è di 160 mila euro, nelle Camere di commercio, in Sicilia, non ci sono limiti: a Ragusa il segretario generale tra retribuzione, salario accessorio e oneri riflessi costa alle casse dell’ente 265mila euro all’anno. Poco meno per il massimo dirigente del piccolo ente di Enna, ben 237mila euro a fronte di una spesa complessiva per l’intero personale (25 dipendenti) pari a 1,1 milioni di euro. Ma quello degli stipendi è solo la punta dell’iceberg di un sistema complesso, disomogeneo e articolato in un groviglio di partecipazioni in società ed enti, con una moltiplicazione di poltrone e posti di sottogoverno. I bilanci degli enti si fermano al 2013, e non tutti sono positivi. A Messina la Camera di commercio, per anni gestita da Sergio Billè, ha chiuso l’ultimo esercizio disponibile con un disavanzo di 469.741 euro, quella di Catania risulta la più ricca, con un volume di immobilizzazioni finanziarie e materiali pari a oltre 35 milioni di euro e decine di partecipazioni in società azionarie. La riforma era all’ordine del giorno dell’Ars ma è tornata in commissione Attività produttive su pressione di alcuni deputati, soprattutto dell’opposizione, che temono una svendita dell’immenso patrimonio degli enti. In totale, le nove Camere di commercio hanno iscritto nei propri bilanci un patrimonio di oltre 40 milioni di euro. Il valore delle immobilizzazioni finanziarie è di oltre 46 milioni, la fetta più grossa, pari a 19,3 mln, si trova a a Catania, mentre è Enna quello col volume più basso, appena 34.634,81 euro. Il patrimonio netto del sistema è di 31,39 mln, quello effettivo di 30,9 mln.