Giuramento di Claudio Fava al Teatro Biondo di Palermo: il coraggio di dire “no” al fascismo.
Debutta venerdì 19 gennaio, alle ore 21.00 al Teatro Biondo di Palermo, lo spettacolo Il giuramento di Claudio Fava, per la regia di Ninni Bruschetta, con David Coco, Stefania Ugomari Di Blas, Antonio Alveario, Simone Luglio, Pietro Casano, Federico Fiorenza, Luca Iacono, Liborio Natali, Alessandro Romano. Le musiche originali sono di Cettina Donato. Le scene e costumi sono di Riccardo Cappello, le luci di Salvo Orlando.
Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Catania, replica fino al 28 gennaio.
Il giuramento racconta la storia esemplare di un anonimo professore che nel 1931 sfidò il regime fascista rifiutandosi di giurare fedeltà al partito.
Solo 12 professori su oltre 1200 rifiutarono di prestare giuramento. Mario Carrara, medico legale e docente di Antropologia criminale, era uno di questi. Per scrivere questo testo Claudio Fava autorevole scrittore, drammaturgo e giornalista, si è spirato alla sua storia, rappresentando i pensieri e i gesti di tutti coloro che ebbero il coraggio di dire “no”, consapevoli di andare incontro a conseguenze pesantissime per le loro vite professionali e personali. A guidarli, secondo Fava, fu «l’incapacità della menzogna, il rigore illuminista del sapere, la noia per le liturgie del fascismo. Ma anche l’intuizione sul destino del paese, sul modo in cui furbizie e conformismi avrebbero trasformato l’Italia di quegli anni in una terra senza libertà e senza decenza».
Ninni Bruschetta porta in scena il testo di Fava nella convinzione che il rischio di nuove derive fasciste sia forte ancora oggi: «Ci siamo veramente liberati del fascismo? – si domanda il regista – Questa storia vera, che Claudio ha riscritto in forma teatrale, è una guida, un insegnamento di coerenza e di rigore che non attiene solo ai casi estremi o addirittura storicizzati come il fascismo, ma è necessario per la vita stessa, perché quando ci pieghiamo alla prepotenza, alla volgarità della violenza in qualsiasi sua forma, siamo già morti».
«Le teste si possono tagliare o contare. Nel 1931 il regime fascista scelse entrambe le soluzioni e impose a tutti i professori universitari un giuramento di fedeltà al duce. Giurarono in 1238. Solo in dodici si rifiutarono: furono le teste che il fascismo tagliò. Eroi per caso di un’Italia civile a cui era rimasta solo quell’estrema decenza: il coraggio di dire di no.
Questo testo è il racconto di uno di loro, uno di quei dodici, ed è liberamente ispirato alla figura di Mario Carrara. Carrara fa il medico legale in un tempo abituato a censire gli uomini e le anime con la fredda geometria insegnata da Lombroso: le misure della fronte, del cranio, delle ossa… L’università insegna già a catalogare i segni e i sospetti sulle razze, il sapere è intriso di conformismo, le carriere si fanno con la tessera del partito cucita in tasca, gli studenti indossano le camicie nere anche a lezione.
Carrara, no. Del fascismo ha un ripudio estetico più che ideologico. Gli sembrano ridicole quelle camicie nere inamidate e il pugnaletto ai fianchi dei ragazzi, gli vengono a noia le orazioni patriottiche di certi suoi colleghi, il modo in cui a lezione hanno tutti smarrito il gusto del dubbio. Non gli piace vivere intruppato, travestirsi, esibirsi.
Per questo ho scelto proprio lui tra i dodici professori che rimasero con la schiena dritta davanti all’assurda imposizione del regime, naturalmente ricorrendo anche alla fantasia per sostenere il racconto, modificando giocoforza molti dettagli in favore della costruzione di un personaggio altamente simbolico, che fosse in grado di rappresentare il gesto di tutti quei dodici poco conosciuti eroi.
In questo racconto, il professore ha poco più di cinquant’anni, è ancora un bell’uomo, solitario e ironico al tempo stesso. Vive accudito dalle proprie abitudini: il corredo di pillole per sedare claustrofobie e gastriti; la presenza irruenta di Tilde, la sua assistente, che si prende cura di lui; lo scrupolo con cui prepara le sue lezioni puntando a ribaltare ogni luogo comune…
Attorno a lui corre l’Italietta conformista dei primi anni del fascio, gli studenti con la tessera del Guf cucita nella tasca dei pantaloni, il finto perbenismo, la carriera, le conversazioni vaghe e discrete dei colleghi, le brume umide di una città del nord.
Carrara lentamente intuisce l’agonia scellerata di un’Italia in cui tutti sanno cosa sta accadendo ma pochi scelgono di stare dalla parte giusta. E quando il rettore gli comunica data e prescrizioni del giuramento – fedeltà al re e al duce – Carrara capisce di non poterlo fare. Non per eroismo né per ideologia. Solo che in quel rito a cui tutti si piegheranno per campare tranquilli, Carrara riconosce improvvisamente anche le menzogne della propria vita: le pillole disposte in buon ordine sulla tovaglia dei suoi pranzi, l’attrazione per questa donna che come lui non vuole adeguarsi, la delusione verso quei suoi studenti a cui ha regalato il proprio sapere senza mai far loro una domanda di troppo.
E adesso invece le domande arrivano, sgorgano irriverenti per quei ragazzi di vent’anni travestiti da fascisti, per quei colleghi saggi e ipocriti pronti a qualsiasi umiliazione pur di salvare la carriera, per quella donna che non è più solo un’ombra discreta ma una voce da ascoltare, un gesto da cercare.
Nell’ultima scena, mentre Carrara entra nel carcere in cui ha sempre lavorato come medico e vi ritorna stavolta da detenuto (i pantaloni troppo larghi perché gli hanno tolto la cintura, i passi trascinati perché gli hanno incatenato le caviglie) gli altri professori pronunciano il loro giuramento al duce. Ligi, mansueti, rassegnati.
Il giorno dopo, le cattedre dei reprobi verranno immediatamente riassegnate. Alla storia resteranno solo i nomi dei dodici che seppero dire di no a Mussolini.
Mario Carrara fu uno di loro».
Claudio Fava
«Ma ci siamo veramente liberati del fascismo? O è successo come ne I Carabinieri di Beniamino Joppolo, che con una italica acrobazia l’apparato è rimasto lo stesso e ai gerarchi si sono sostituiti i funzionari? Questa storia vera, che Claudio ha riscritto in forma teatrale, è una guida, un insegnamento di coerenza e di rigore che non attiene solo ai casi estremi o addirittura storicizzati come il fascismo ma è necessario per la vita stessa, perché quando ci pieghiamo alla prepotenza, alla volgarità della violenza in qualsiasi sua forma, siamo già morti.
È inutile illudersi che chiudendo un occhio, che cedendo un po’, che rinunziando anche solo a una piccola parte della propria libertà, si possa ottenere qualcosa in cambio, perché non c’è commercio di libertà. La libertà e la vita sono la stessa cosa. La si può barattare solo con la morte.
Per restituire in modo chiaro l’universalità di questo tema ho pensato a una messa in scena asciutta, fedele al testo. È importante che si percepisca l’atmosfera del tempo, il drammatico contesto storico sociale del fascismo, con la sua estetica, la sua retorica e i suoi segni spesso spacciati per simboli di una tradizione che, a ben guardare, risulta inventata e assume di conseguenza aspetti diabolici.
Nei giovani ci sarà la speranza, l’illusione e il fascino di un progetto che sembrava risolutivo ai loro occhi. Nei più grandi la disillusione, l’adeguamento, la sottomissione. Nell’unico protagonista l’instancabile ingenuità di chi non si piega all’ingiustizia e al sopruso forse solo perché non è in grado di capirlo, di concepirlo.
Evidenziando il racconto e proponendo la storia come tema centrale dello spettacolo, la semplicità e il rigore della messa in scena servono a porgere lo stesso racconto con tutta l’attualità che gli è propria. Personaggi cinici, freddi, che sbagliano pur guardando negli occhi
l’errore. E lo accettano, lo fanno proprio, lo difendono anche a scapito dei loro amici. Personaggi veri, insomma, tristemente contemporanei, mai grotteschi se non quando la loro stupidità li rende tali. Proprio come al giorno d’oggi».
Ninni Bruschetta
venerdì 19 gennaio ore 21.00
sabato 20 gennaio ore 21.00
domenica 21 gennaio ore 17.30
martedì 23 gennaio ore 21.00
mercoledì 24 gennaio ore 17.30
giovedì 25 gennaio ore 17.30
venerdì 26 gennaio ore 21.00
sabato 27 gennaio ore 21.00
domenica 28 gennaio ore 17.30
1°settore: platea e palchi: intero euro 32 – ridotto euro 29; galleria: intero euro 18 – ridotto euro 16
2°settore: platea e palchi: intero euro 27 – ridotto euro 24; galleria: intero euro 15 – ridotto euro 13
3°settore : platea e palchi: intero euro 24 – ridotto euro 22; galleria: intero euro 13 – ridotto euro 11
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