Questo giorno sarebbe arrivato prima o poi, si sapeva ma oggi che ci siamo è difficile per tutti accettarlo. Giovanni Brusca, ex fedelissimo di Totò Riina, è colui che ha premuto il telecomando nella strage di Capaci e fatto sciogliere nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo.
Ma la legge sui collaboratori di giustizia gli ha dato la possibilità di lasciare la detenzione dopo appena 25 anni nonostante il suo coinvolgimento in oltre 150 omicidi.
Giovanni Brusca ha lasciato il carcere di Rebibbia per fine pena, 25 anni dopo il suo arresto nel maggio 1996. Sarà sottoposto per i prossimi 4 anni a libertà vigilata, così come deciso dalla Corte d’Appello di Milano.
Giovanni Brusca viene scarcerato in virtù della legge n°45 del 13 febbraio 2001: avendo scelto di collaborare con lo Stato ha ottenuto gli sconti di pena previsti dalla legge (e applicati alla iniziale condanna a 30 anni di reclusione). Ha dunque finito di scontare la pena.
“Una vergogna totale!”. Questo il commento dell’assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà (Lega). “Mi domando che Paese è – dice Samonà – quello in cui un feroce assassino, ancorché collaboratore di giustizia, può uscire dal carcere, nonostante si sia macchiato di orrendi omicidi”. “Non è questa la giustizia che vogliamo”, conclude l’assessore leghista della Regione Siciliana
“È una notizia che sicuramente non mi fa piacere. È un’offesa per le persone che sono morte in quella strage. Secondo me dovevano buttare via le chiavi”. Sono le parole con le quali Giuseppe Costanza, autista del giudice Giovanni Falcone scampato alla strage di Capaci.
Durissima la reazione di Tina Montinaro, la vedova di Antonio Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone: “Sono indignata, sono veramente indignata. Lo Stato ci rema contro – ha detto durante un’intervista all’Adnkronos – Noi dopo 29 anni non conosciamo ancora la verità sulle stragi e Giovanni Brusca, l’uomo che ha distrutto la mia famiglia, è libero. Questo Stato ci rema contro. Io adesso cosa racconterò al mio nipotino? Che l’uomo che ha ucciso il nonno gira liberamente?…”. E ancora: “Dovrebbe indignarsi tutta l’Italia e non solo io che ho perso mio marito, ma non succede. Queste persone vengono solo a commemorare il 23 maggio Falcone e si ricordano di ‘Giovanni e Paolo’. Ma non si indigna nessuno”.
Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone, ha invece rilasciato una dichiarazione in cui dice: “Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata. Mi auguro solo che magistratura e le forze dell’ordine vigilino con estrema attenzione in modo da scongiurare il pericolo che torni a delinquere, visto che stiamo parlando di un soggetto che ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia assai tortuoso”.
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