Agata Scuto aveva 22 anni ed è scomparsa di casa dal giugno del 2012: il suo corpo non è stato mai trovato. A finire in manette adesso un 60nne con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere: si tratta di Rosario Palermo, ex convivente della madre della giovane scomparsa. Ad eseguire l’arresto i Carabinieri della compagnia di Acireale.
Secondo la tesi dell’accusa, le indagini dei carabinieri sul ‘cold case’, avviate la dopo denuncia di scomparsa dei familiari della vittima, definita giovane e fragile, hanno “consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell’uomo in ragione sia del rapporto particolare che egli aveva instaurato nell’ultimo periodo con la ragazza – la quale non usciva mai di casa da sola, né intratteneva rapporti con altre persone – sia delle falsità delle notizie fornite agli inquirenti dallo stesso circa i suoi spostamenti il giorno della scomparsa di Agata”. In particolare, l’indagato “avrebbe cercato di inquinare le prove anche ottenendo da conoscenti la conferma del suo falso alibi”.
Le indagini erano state avviate da militari dell’Arma di Acireale nel 2020 dopo una segnalazione alla trasmissione ‘Chi l’ha visto?’ di Rai3 sulla presenza del corpo della giovane, affetta da epilessia e da una menomazione al braccio e alla gamba, nascosto nella cantina della casa della madre.
Ma le ricerche hanno avuto esito negativo. Le attenzioni dei carabinieri si sono concentrate su Rosario Palermo, spiega la Procura di Catania, “in ragione del rapporto particolare che egli aveva instaurato nell’ultimo periodo con la ragazza”, per “le falsità delle notizie fornite agli inquirenti” sui “suoi spostamenti il giorno della scomparsa di Agata”. Tra i “gravi indizi di colpevolezza e responsabilità dell’uomo per l’omicidio e l’occultamento del cadavere” è citata una intercettazione ambientale. “L’uomo, parlando da solo all’interno della propria autovettura – scrive la Procura di Catania – spaventato dal suo possibile arresto, manifestava il proprio timore che il corpo di Agata Scuto venisse trovato in un casolare a Pachino e che si accertasse che era stata strangolata e bruciata, riflettendo sulla necessità, inoltre, di recarsi sul luogo per verificare cosa fosse rimasto del cadavere”.
L’indagato, ha messo in piedi una complessa messa in scena per simulare delle tracce tali da giustificare la ragione per la quale il giorno della scomparsa di Agata si era gravemente ferito ad una gamba” sostenendo che era stato a causa di una caduta in montagna. Per questo avrebbe, durante le restrizioni alla libera circolazione dovute alla pandemia, “cercato di nascondere sull’Etna un tondino di ferro intriso del suo sangue, che avrebbe voluto fare ritrovare il giorno del suo arresto al fine di dimostrare il suo alibi e la sua innocenza”.
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