Gervasio: “Lo stivale è diventato una ciabatta”

La deplorevole e assurda situazione politica del nostro Paese, sempre in continua fibrillazione, presenta sottotraccia i prodromi per pericolose svolte oligarchiche se non autoritarie. Lo Stato democratico è seriamente minacciato perchè il Paese ha bisogno di tutto e di più. Manca l’indispensabile, il necessario ed anche il superfluo che, se non necessario, è indice di benessere.
In politica c’è in atto un processo di sublimazione che minaccia di fare passare il Governo, dalle larghe intese, a quelle più ristrette se non addirittura inesistenti. Per marcata incapacità di contrasto alla crisi il Paese è ancora borderline con un rischio “default”. Una Nazione come la Spagna, con una economia più debole della nostra, ma con determinazione, è già uscita dalla recessione. L’Italia, di contro, come ha dichiarato il presidente della Confindustria Squinzi, è entrata nella pericolosa fase della deflazione. In una intervista del Giornale di Sicilia, il sottile e caustico Gervasio, parlando della situazione che affligge il Paese, ha usato questa laconica frase: “lo stivale è diventato una ciabatta” ! La maggiore responsabilità, con dolo, della persistenza di questa situazione quasi “kafkiana” è da addebitare, con obiettività e senza pregiudizi ideologici, alla instabilità politica. Il governo Letta, appoggiato dalla destra e dalla sinistra, che nulla hanno in comune, ma con temporaneo congelamento delle posizioni politiche e ideologiche, è nato per fronteggiare le emergenze create dalla crisi. Però, quando il Governo legifera e propone azioni mirate alla ripresa e allo sviluppo, paradossalmente si verifica che gli schieramenti che lo sostengono, per voce dei capigruppo, pongono ostacoli e paletti come fossero “corpi separati” dal contesto governativo. A questo comportamento, non comprensibile nè condivisibile sul piano della coerenza, c’è una spiegazione; i gruppi parlamentari, compattati non per convinzione ma per forzatura, non rinunciano alla tutela del loro elettorato e questo fanno con speciose e pretestuose motivazioni. Se a queste anomalie si aggiungono le fibrillazioni all’interno dei partiti, per accaparramenti di segreterie e di posti chiave: come è possibile dedicare tempo ed energie alle emergenze del Paese ? Fatta salva la legittimità delle dinamiche interne dei partiti, che vanno gestite, bisognerebbe conciliare le esigenze dei partiti con le esigenze del Paese. Sottrarsi a questo imprescindibile dovere, privilegiando marginalità e non centralità, porta a considerare questa forma gestionale non opportuna, ma addirittura “nichilista”. La inconfutabile e più recente prova di questo strano ed assurdo comportamento, sta nel fatto di avere concorso, con l’opposizione, alla presentazione di tremila emendamenti sulla legge di stabilità presentata dal Governo. Tutto questo, che è mirato più all’ostruzionismo, che non a modifiche della legge, è la “cartina di tornasole” del modus operandi che, anche se democraticamente legittimo, configura una “dissociazione” non tanto mascherata dalle determinazioni del Governo. Dalle crisi non si esce con proclami e con spinte demagogiche, ma con seri proponimenti che sono tali se lealmente appoggiati da tutti. Queste le condizioni necessarie per tirare il Paese fuori dal “pantano”. L’uso di una certa terminologia e di aggettivi spinti sul piano della drammaticità non è casuale nè frutto di eccessivo “catastrofismo”; ma vuole stigmatizzare il comportamento di una classe politica protesa a massimizzare i propri programmi interni, procurandosi anche del male che, alla fine, si ritorce sugli interessi del Paese. Sic stantibus rebus, è necessario sotterrare la “asce da guerra” per creare il giusto “clima” a favorire la crescita e lo sviluppo. Altre alternative non sono praticabili perché inutili!