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Frasca “La mafia non è stata ancora debellata, adesso nuovi scenari”

PALERMO (ITALPRESS) – “Cosa nostra non è stata ancora debellata e conserva un forte radicamento nei territori di questo distretto che ne costituiscono l’epicentro, con la conseguenza che è necessario destinarvi risorse adeguate per un’efficace azione di contrasto anche in sede giudiziaria”. Così il presidente della Corte d’appello di Palermo, Matteo Frasca, nella relazione presentata in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario nel capoluogo siciliano. Il distretto comprende le Procure di Agrigento, Sciacca, Marsala, Trapani, Palermo e Termini Imerese ed è per dimensioni il quinto dei 26 distretti italiani. “Occorre una progettualità complessiva e autentica che, però, richiede un’azione sinergica, una serena cooperazione e un fisiologico confronto tra i poteri dello Stato – aggiunge Frasca -. Purtroppo riemerge invece, con esacerbante ciclicità che spesso prescinde dalle contingenti maggioranze politiche, una logorante contrapposizione con la politica che assume le connotazioni e i toni dello scontro istituzionale. Uno scontro che certamente non è nè voluto nè alimentato dalla magistratura, che continua nella intransigente difesa dei principi costituzionali e nella coerente denuncia pubblica dei rischi che derivano da questo o quel progetto di riforma o anche dalla mancata adozione degli interventi necessarì.
Il presidente della Corte d’appello di Palermo chiede quindi più supporto da parte dello Stato: “Dopo che pochi mesi fa era stata pubblicata solo una parte dei posti vacanti nella Corte di Appello, peraltro neppure coperti e neanche uno di quelli della Procura Generale, nel recente bando per gli Uffici di primo grado sono stati pubblicati un solo posto per il Tribunale di Palermo e uno per la procura della Repubblica. E’ una risposta insufficiente perchè Cosa nostra, come scriveva Giovanni Falcone, è ‘un fenomeno criminale straordinariamente complessò, per il quale l’inquirente quasi sempre ha il compito di operare non su un fatto storicamente esaurito ma su una realtà in atto, tutt’altro che statica e conclusa”. L’arresto del superlatitante Matteo Messina Denaro, nel frattempo deceduto, è stato un importante traguardo, ma non bisogna fermarsi: “E’ divenuto anche un punto di partenza perchè ha aperto nuovi scenari al fine di individuare, mediante indagini sempre più complesse e articolate soprattutto quanto investono le operazioni finanziarie, la rete di protezione che ha consentito la latitanza e di scoprire le fonti di ricchezza del latitante stesso e dell’organizzazione”, spiega Frasca. In tal senso, strumento fondamentale rivestono le intercettazioni, sempre al centro del dibattito: “Sono uno strumento di ricerca della prova rivelatosi insostituibile e decisivo per l’accertamento dei reati, per cui anche solo ipotizzarne un utilizzo più limitato appare un’autentica contraddizione”.
Frasca è chiaro anche sulla questione riforme: “Nel nostro Paese le recenti riforme approvate, e soprattutto quelle in cantiere, ci interrogano sul tema. Il progetto riformatore – sottolinea Frasca – che si inserisce in un progetto globale di riassetto del rapporto tra i Poteri dello Stato, vuole riscrivere la composizione del Consiglio Superiore della Magistratura con l’aumento del numero dei componenti laici in nome di un preteso ‘corretto equilibriò, che invece mira in modo evidente ad attribuire un maggior peso alla componente laica, alterando la felice scelta che i Padri costituenti avevano adottato in funzione della garanzia dell’indipendenza della Magistratura” che “difende i capisaldi della democrazia” e pertanto “l’indebolimento della Magistratura e del suo ruolo istituzionale è estremamente pericoloso per le sorti non tanto della maggioranza politica di volta in volta al Governo del Paese, ma più propriamente dello Stato di diritto e, quindi, della democrazia”. Per quanto concerne l’uso dell’intelligenza artificiale “credo che, come nell’approccio verso ogni innovazione, soprattutto se potenzialmente epocale e rivoluzionaria, occorra coniugare prudenza e spirito innovativo, ponderando, con una corretta informazione, rischi e benefici – dice Frasca -. L’avvento del digitale e dell’intelligenza artificiale è un fenomeno del presente che va compreso in tutte le sue potenzialità per fare in modo che diventi uno strumento di ausilio autentico”. Per Frasca un provvedimento giudiziario “non è frutto di un’operazione meccanica, è una materia imperfetta e troppo fluida per consentire una precisa individuazione di tutti i fattori che concorrono alla sua realizzazione per cui appare difficile creare modelli predefiniti del ragionamento giudiziale che abbiano capacità predittiva affidabile” e quindi “gli automatismi decisionali sono intrinsecamente incompatibili con la funzione giudiziaria perchè il concreto atteggiarsi di ogni singola vicenda e la imprevedibile variabilità del suo contenuto non lo consente. Non si può devolvere alla macchina l’attività interpretativa che ha nell’essenza la scelta di elementi valoriali e l’adattamento degli stessi alla specificità sovente non ripetibile, del caso singolo. Ecco perchè l’intelligenza artificiale applicata alla giurisprudenza è assai meno efficace di quella applicata ad altri campi, in cui sta raggiungendo risultati eccezionali. L’uso dell’intelligenza artificiale “rischia di frenare la naturale evoluzione della giurisprudenza”.
Uno scenario “per nulla esaltante che, portato alle estreme conseguenze, finirebbe per porre avvocati e magistrati ai margini di un contesto occupato dalle macchine e per rendere sostanzialmente superfluo il loro lavoro”. “Non si tratta di opporre resistenza all’innovazione tecnologica che anche nella giustizia è irrinunciabile e va valorizzata e razionalmente impiegata – sottolinea Frasca -. E’ un bene prezioso e un mezzo servente che va governato ma che non deve governare”.
Nella relazione anche un punto sul settore civile che, anche nell’anno giudiziario in esame, come già nel precedente, si osserva una flessione generalizzata sia delle sopravvenienze (-7,1%) sia delle definizioni (-8,3%), il che ha prodotto una flessione del numero dei procedimenti pendenti pari al -9%. Questo quanto emerge dalla relazione annuale sull’amministrazione della giustizia nel distretto di Palermo, pubblicata dalla Corte d’appello di Palermo che verrà presentata domani in occasione dell’inaugurazione dell’Anno giudiziario. Fa eccezione – si evince dalla relazione firmata dal presidente Matteo Frasca – il settore minorile, in quanto si rileva un incremento significativo sia delle sopravvenienze, pari al 19,5%, sia delle definizioni (12,7%), con conseguente aumento della pendenza nella misura dello 7,2%. Per quanto attiene al dato sulle controversie ultrabiennali in Corte di Appello, si conferma il percorso di recupero già avviato dopo l’inversione di tendenza causata dalla crisi da Covid-19; infatti, nel corso dell’ultimo anno giudiziario si rileva un decremento sia in termini percentuali (-1,75%), sia in valore assoluto (da 4.721 dell’anno giudiziario 2021-22 a 4.312). Anche gli Uffici di primo grado confermano il recupero in termini di riduzione di procedimenti arretrati; infatti, anche nell’Anno giudiziario 2022-23 la percentuale di procedimenti ultratriennali è diminuita nella misura del 12,4%, passando da 8.152 dello scorso anno agli attuali 7.143.
“Una criticità specifica – conclude Frasca – riguarda i magistrati la cui pianta organica nazionale è inferiore alla media europea e sconta anche un allarmante indice di medio di scopertura, pari al 16% circa. In questa Corte di Appello la percentuale di scopertura è attualmente del 20%, nella Procura Generale del 32%, nel Tribunale di Palermo è pari all’11% ma cresce molto nell’Ufficio GIP-GUP e, infine, nella Procura della Repubblica si attesta al 14%, ma è molto più elevata nella Direzione distrettuale antimafia. Sono dati che destano preoccupazione anche perchè aggravati dal fatto che le piante organiche sono risalenti nel tempo e sono inadeguate alla domanda di giustizia, che è cresciuta a dismisura e investe ogni settore della giurisdizione. E’ certamente apprezzabile lo sforzo del Ministero della Giustizia per tentare di colmare i vuoti dell’organico con la indizione anche ravvicinata di nuovi concorsi. Si tratta di un’operazione non facile e non breve. I concorsi richiedono tempi lunghi che sono incompatibili con l’urgenza della situazione, raramente consentono di coprire tutti i posti messi a concorso ed è praticamente impossibile che possano azzerare le scoperture perchè intanto sopraggiungono i pensionamenti anche anticipati che, tra l’altro, in un circolo vizioso, sono alimentati dalla entità dei carichi di lavoro che in alcuni contesti raggiungono livelli di insostenibilità. Il ricorso a piani assunzionali straordinari con modalità di reclutamento diverse da quelle tradizionali, talvolta invocato, sconta il rischio non di poco conto di un abbassamento del livello della selezione che sarebbe pericoloso”.
– foto Agenzia Fotogramma –

Redazione

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