C’è un’immagine che rappresenta plasticamente il fallimento del governo Crocetta: è il ricorso a un provvedimento del 2006 (governo Cuffaro) per cercare di tenere in piedi quel che resta della Formazione professionale in Sicilia.
Dopo l’ennesima bocciatura della giustizia amministrativa, infatti, della sedicente rivoluzione di Crocetta restano solo macerie: le macerie quotidiane delle ottomila famiglie siciliane che di formazione vivevano e adesso sono alla fame e le macerie politiche di una giunta che, sia pur con il lodevole e condivisibile obiettivo di moralizzare un settore dove clientelismo e malaffare la facevano da padrone, è riuscita a produrre solo caos, contraddizioni e improvvisazione.
Il provvedimento basilare che riscriveva i requisiti per l’accredito degli enti, firmato dalla Scilabra, è stato massacrato sul piano formale (doveva essere condiviso dalla giunta e firmato dal Presidente) e sostanziale (non poteva escludere a priori chi avesse un contenzioso con la Regione).
C’è una sola cruda verità: chiunque avesse un minimo di infarinatura di diritto amministrativo sapeva perfettamente che il provvedimento non stava in piedi, eppure nessuno dei lautamente pagati collaboratori a vario titolo di Crocetta e Scilabra ha avvertito del disastro cui si andava incontro.
Il primo problema è che, in oltre ventanni di politica attiva e in oltre due anni di Presidenza della Regione, Crocetta non ha ancora capito un semplice concetto: nella pubblica amministrazione non basta che uno sia un imbroglione (vero o presunto) per mandarlo a casa: occorre seguire le procedure previste dalla legge, altrimenti non solo bisogna riprenderselo, ma pure pagargli i danni.
Poi c’è un secondo problema altrettanto grave: Crocetta si è appoggiato agli stessi personaggi che comandavano nell’era Cuffaro/Lombardo: nella burocrazia i vari Monterosso, Corsello, Silvia etc.; in politica Leanza, Pistorio, Cardinale, Cimino, D’Alia.
Proprio perché lavati con Perlana nei bagni purificatori di Lumia e Crocetta, che dispensano assoluzioni o condanne definitive, nessuno di questi personaggi è in grado di dire al Presidente che la maggior parte delle sue scelte sono estemporanee e prive di ancoraggio normativo. Il risultato è che tutti assistono in silenzio (qualcuno segretamente godendo) all’avvicinarsi dell’iceberg di turno, badando solo a prenotarsi un posto comodo nelle scialuppe di salvataggio.
Qui non è più una questione di scelte politiche o di schieramenti: siamo di fronte (come scriviamo in altra parte del giornale) ad una dequalificazione di massa che coinvolge tutta la classe dirigente della Regione e che ci sta portando dritti al default.
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