PALERMO. Il TAR di Palermo ha concesso la sospensiva in relazione al ricorso presentato dall’Ecap contro il decreto dell’Assessorato alla Formazione Professionale che, nel mese di ottobre dello scorso anno, aveva revocato l’accreditamento all’Ente, e di conseguenza il finanziamento dei corsi. In seguito al provvedimento l’Ecap aveva dovuto licenziare 110 dipendenti. Secondo l’Assessorato, proprio l’assunzione di dipendenti era stata effettuata in modo illegittimo, senza considerare che l’Ente era stato coinvolto nelle indagini riguardanti il deputato democratico Francantonio Genovese, attraverso alcune operazioni che avrebbero favorito la possibilità di distrarre delle somme in favore delle società riconducibili al politico messinese. Tali accuse sono sempre state respinte dai responsabili dell’Ecap che hanno presentato un ricorso amministrativo, contestando sia il merito che la procedura del decreto di revoca. Con la sua ordinanza il TAR ha motivato la concessione della sospensiva facendo riferimento sia al pericolo per i rapporti di lavoro (e infatti sono scattati i licenziamenti) sia all’esistenza di un “fumus boni juris” ossia l’apparente fondatezza delle argomentazioni presentate a sostegno del ricorso, soprattutto rispetto alla procedura adottata dall’amministrazione regionale.
La vicenda non avrà però una soluzione immediata in quanto l’udienza di merito è stata fissata al 25 novembre prossimo e, se è vero che gli effetti del decreto impugnato sono sospesi, è improbabile che l’Assessorato faccia marcia indietro riassegnando i finanziamenti all’Ecap, prima che si svolga l’udienza decisiva.
La decisione del TAR si aggiunge alla recente bocciatura del decreto sui requisiti di accreditamento, emesso sempre dall’Assessorato alla Formazione nel 2013, che stabiliva l’esclusione di tutti gli enti che avessero un contenzioso con l’amministrazione regionale: secondo l’organo di giustizia amministrativa tale decisione cozzava sia contro il buon senso sia contro il principio giuridico che consente a chi si ritiene danneggiato di ricorrere alle vie legali, senza essere discriminato a prescindere dalle motivazioni del contenzioso.
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