Fecondazione, la Regione ‘sbaglia’ decreto: niente convenzioni
Sembrava tutto pronto per far decollare in Sicilia una norma che finalmente desse speranza e a migliaia di coppie che vogliono avere un figlio attraverso la procreazione medicalmente assistita, così come prevede il piano regionale 2011-2013 e, invece, nel decreto appena varato dalla Regione siciliana mancano i codici identificativi per l’assegnazione delle convenzione alle strutture abilitate.
“Un dettaglio non da poco per una dimenticanza macroscopica che impedisce agli uffici di espletare l’iter burocratico”, denuncia la parlamentare regionale del Partito democratico Concetta Raia, che chiede al governo regionale di fare presto e sollecita un tavolo di incontro con l’assessore regionale alla Salute. Le procedure di ispezione per l’accreditamento sono state eseguite in tutta la Sicilia e i Centri del network sono stati già dichiarati idonei all’accreditamento istituzionale, ma ancora oggi quasi tutte le strutture pubbliche sono inattive, quindi attualmente i pazienti siciliani hanno sulle loro spalle l’intero costo dei trattamenti riproduttivi assistiti.
In Sicilia operano 40 centri, dei sedici pubblici solo uno esegue tecniche di inseminazione semplice, mentre 7 effettuano tecniche di II e III livello. “A fronte di precise richieste di rigore sulla verifica dei requisiti di accreditamento da parte dei centri autorizzati a praticarla, ci ritroviamo invece alla situazione paradossale che tutto è bloccato, perchè c’è solo una gran confusione”, aggiunge Raia.
I dati ufficiali parlano di oltre 40mila cicli di procreazione medicalmente assistita (Pma) effettuati in Italia nel 2012, con una richiesta di oltre 5mila cicli nella sola Sicilia. A fronte di questa richiesta, oggi vengono effettuati nella regione 3314 cicli all’anno di cui solo 379 (11.4%) in centri pubblici e 2935 (88,6%) in centri privati; i restanti 2mila cicli rappresentano una delle maggiori voci di mobilita’ sanitaria extraregionale, soprattutto verso, l’Emilia Romagna, la Toscana, il Lazio e Lombardia, con un impatto negativo non indifferente sui conti sanitari regionali.