Ex Fornace Penna di Scicli. L’ex Fornace Penna di Scicli verrà espropriata e acquisita al patrimonio della Regione Siciliana. Lo ha deciso il governo Musumeci che ha approvato una delibera proposta dallo stesso presidente. L’antico stabilimento di contrada Pisciotto – situato tra Marina di Modica e Sampieri, frazione del centro ragusano – diventato un monumento di archeologia industriale e reso ancora più celebre nel mondo attraverso la fiction del “Commissario Montalbano”, versa in condizioni precarie e le ondate di maltempo che hanno interessato la Sicilia rischiano di danneggiarlo irreparabilmente.
Nelle scorse settimane, il governatore aveva effettuato un sopralluogo a Scicli, insieme al sindaco del Comune Enzo Giannone e al soprintendente ai Beni culturali di Ragusa Giorgio Battaglia, e successivamente organizzato una riunione a Palazzo Orleans per individuare il percorso amministrativo più idoneo per mettere in sicurezza, salvare e utilizzare la struttura risalente agli inizi del Novecento.
A seguito della relazione predisposta dalla Soprintendenza iblea e del parere dell’Ufficio legislativo e legale della Regione, il governo ha deciso di privilegiare l’esproprio rispetto all’acquisto privatistico, essendo la procedura più celere per l’amministrazione. Sul valore dell’immobile c’è già una valutazione effettuata dal Comune ragusano pari 535mila euro. La giunta ha però chiesto per i prossimi giorni una perizia di congruità al dipartimento regionale Tecnico.
«Avevamo preso l’impegno – evidenzia il presidente Musumeci – di salvare dal degrado e valorizzare la Fornace Penna e lo stiamo mantenendo. Si tratta di un polo visivo monumentale unico, oltre a ricadere su un’area che conserva molteplici testimonianze storiche e archeologiche. Intervenire, dopo anni di abbandono, è un dovere per la Regione. Ipotizziamo che la struttura possa diventare un centro culturale e sociale e di aggregazione».
Da oltre tre anni, la Fornace è stata posta sotto sequestro preventivo, da parte dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale, a seguito di un procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica di Ragusa. La Soprintendenza ha già quantificato in circa 350mila euro le risorse necessarie per la messa in sicurezza del bene e in 5,5 milioni di euro quelle per il restauro e il consolidamento statico finalizzati alla valorizzazione e fruizione del sito.
La Fornace Penna fu costruita sul mare di Punta Pisciotto tra il 1909 e il 1912 per volere del barone Penna e realizzata su progetto dell’ingegner Ignazio Emmolo. Il sito della fabbrica di laterizi era stato scelto con cura sia per la sua vicinanza alle vie di comunicazione – il mare consentiva l’attracco delle navi e nelle immediate vicinanze passava la ferrovia – sia per la presenza a poche centinaia di metri di una cava di argilla. Dotata di un forno Hoffmann, per l’epoca era una delle industrie più all’avanguardia del Meridione e riusciva a sfornare diecimila pezzi al giorno, tra mattoni e tegole, che venivano esportati in molti paesi mediterranei, soprattutto a Malta e in Libia. Tripoli dopo la conquista italiana del 1911 fu in gran parte ampliata con laterizi del “Pisciotto”.
La Fornace è articolata su tre piani, e il corpo principale è a pianta basilicale tanto da somigliare più a una antica chiesa che a una fabbrica. La struttura interna si componeva di sedici camere disposte ad anello lunghe cinque metri e larghe tre e mezzo ciascuna. Il tiraggio forzato veniva esercitato da una ciminiera alta 41 metri e lo stabilimento era lungo 86 metri.
La sala macchine ospitava due polverizzatori a martello; un’impastatrice a eliche grandi, rifornita da elevatori a tazze, due laminatori con filiere per la produzione di gallette, laterizi forzati e tegole curve o coppi, una pressa a revolver per la produzione di tegole alla marsigliese, una pressa per la produzione di tegole di colmo. Esisteva pure un piccolo vano per la fabbricazione di stampi, tegole marsigliesi e rulli di scorrimento per i carrelli delle filiere.
La Fornace Penna dava lavoro a un centinaio di persone. Il 26 gennaio 1924, un incendio doloso la distrusse completamente. Vano fu il tentativo dei marinai di Sampieri, degli agricoltori dei fondi vicini e dei tanti operai che cercarono di spegnere il rogo che ancora oggi rimane avvolto nel mistero.
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