“Togli quelle forbici che hai poggiato sul letto”, mi dice mia madre.
“Mamma, dai, ora le tolgo”
“Ti ho detto di toglierle perchè non si fa”, il suo solito tono da profeta Isaia.
“Smettila con la superstizione tanto non ci credo a queste cose”
“Fai come vuoi, le forbici si mettono sul letto di chi è in agonia per farlo morire prima”
“MAMMMAAAAAAAAAA”
Ok. Ora le forbici sono sul tavolo.
Mi racconta che nelle tradizioni horror siciliane ,di cui lei è un’esperta depositaria, si usava mettere un paio di forbici sotto il cuscino di chi fosse sul punto di morte, in agonia per l’appunto, per acceleragli la dipartita. Sicuramente, se avete riminiscenze della mitologia, ricorderete che una delle Moire (o Parche in latino) , Atropo, veniva raffigurata con delle forbici in mano per tagliare il “filo” della vita.
Insomma, roba da raccontarla ai bambini prima di andare a dormire.
Tutta questa storia mi ha fatto venire in mente una cosa che avevo letto tempo fa su un’ usanza della Sardegna riguardo i metodi di suicidio assistito…
In sostanza quando una persona stava per morire e tardava -non nel senso che tardava all’appuntamento dal dentista eh!- e quindi i parenti già s’erano stufati di pregare le litanie intorno al capezzale del defunto prossimo, chiamavano la così detta “Femmina accabradora” (letteralmente : colei che finisce), una sorta di eutanasia a domicilio. Si trattava di una donna che uccideva persone anziane e che non doveva essere retribuita dai parenti poiché il pagare per dare la morte era contrario ai dettami religiosi e della superstizione.
Le pratiche di uccisione utilizzate dalla femmina accabadora erano diverse: si dice che entrasse nella stanza del morente vestita di nero e con il volto coperto, e che lo uccidesse tramite soffocamento con un cuscino, oppure colpendolo sulla fronte tramite un bastone d’olivo (su mazzolu) o dietro la nuca con un colpo secco, o ancora strangolandolo ponendo il collo tra le sue gambe. Lo strumento più utilizzato, del quale si trovano ancor oggi dei reperti, consisteva in una sorta di martello di legno ottenuto da un ramo. Altri parlano anche di un piccolo giogo in miniatura. Gli venivano tolti poi dalla stanza tutte le suppellettili sacre appartenenti al de cuius così da favorirgli il distacco dell’anima. Non stupisce, in oltre, che a rivestire questo ruolo erano vedove o zitelle acide senza pietà.
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