Il gup di Palermo ha condannato complessivamente a oltre 230 anni di reclusione 29 dei 30 imputatidel cosiddetto processo Alexander, contro mafiosi ed il clan delle estorsioni di Porta Nuova. Il processo di celebrava con il rito abbreviato davanti al giudice Roberto Riggio. La pena più alta, 20 anni, è stata inflitta al boss Alessandro D’Ambrogio. Unico assolto Alfredo Geraci
Prima che il gup si ritirasse per la decisione gli avvocati Jimmi D’Azzò e Giovanni Castronovo hanno chiesto che non venissero liquidati i danni a Confcommercio sostenendo che la procura speciale rilasciata per la costituzione di parte civile dell’associazione era stata firmata dall’allora presidente Roberto Helg, recentemente arrestato per estorsione.
Secondo i legali sarebbero venuti meno i requisiti morali per chiedere il danno. La tesi non è stata accolta dal giudice. Il processo, istruito dai pm Caterina Malagoli e Francesca Mazzocco, nasce da un’inchiesta che, nel 2013, disarticolò il clan guidato da D’Ambrogio41 anni, detto “u nico” Dall’indagine venne fuori che il boss era il dominus incontrastato degli affari della cosca. Ogni affare criminale passava per le sue mani. Anche i venditori ambulanti di sfincione e stigghiole.
Il suo controllo del territorio e degli affiliati era tale che per un suo veto nessun uomo d’onore partecipò al matrimonio della figlia di un mafioso con il figlio di un esponente delle forze dell’ordine.
Dall’inchiesta è emerso anche che il mandamento da lui guidato aveva stretto alleanze con altri clan cittadini e con le cosche di Trapani per acquistare grossi quantitativi di stupefacenti. Cosa nostra esercitava un controllo capillare delle piazze dello spaccio e cercava di stabilire canali diretti con i paesi produttori di cocaina.
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