Estorsione e disperazione, la drammatica vicenda di un imprenditore coraggioso

Antonio M., è questo il nome dell’imprenditore agricolo che ci ha scritto per dare sfogo alla sua disperazione.

Antonio M., è questo il nome (non ha voluto che rendessimo noto il cognome) dell’imprenditore agricolo che ci ha scritto per dare sfogo alla sua disperazione. Ben due volte è stato dato fuoco alla sua attività, ma nonostante il coraggio mostrato nel denunciare i fatti, la giustizia non gli ha reso onore ed oggi è uno dei tanti uomini coraggiosi e sfortunati che piangono la loro disperazione.

Da anni ci dicono di denunciare i nostri estortori ma vi do un consiglio non denunciate perche siamo soli contro la mafia, dopo 2 incendi dell’attivita ho smesso di lavorare perche lo Stato mi ha abbandonato e dopo 10 anni, ancora oggi,  non ho avuto giustizia. Ero un imprenditore agricolo che nel 2001 ho denunciato facendo nomi e cognomi e collaborando con i carabinieri che mi hanno aiutato moltissimo. La mia vita è stata un incubo e per alcuni anni non sono sono potuto uscire di di casa, mi sono dovuto nascondere da queste persone.

“Il pubblico ministero non ha ritenuto opportuno effettuare intercettazioni ambientali ed ha chiesto l’archiviazione del mio caso, ma dopo aver fatto ricorso il Gip ha accolto il ricorso. Fino ad oggi abbiamo fatto solo una udienza, nel 2006. Nel frattempo mio padre è morto per un tumore e nelo stesso anno ho avuto una notifica dall’ agenzia delle entrate di dover pagare tasse per un bar che io non ho mai avuto”.

“Nel 2007 hanno incendiato la mia attività per la seconda volta e i vigili del fuoco hanno detto che le cause non erano ben definite sospettando un’autoconbustione. Nel 2009 le mie sofferenze sembravano essere state premiate e la Regione Sicilia mi è venuta incontro con un contributo per essere stato vittima di estorsione, esattamente 205 mila euro, ma la Serit mi ha pignorato 143,000 euro per non aver pagato le tasse del bar. Ho fatto il ricorso e l’ho perso e adesso sono senza soldi e disoccupato“.

Non possiamo condividere la scelta di Antonio di chiedere ad altri di non denunciare, ma capiamo la sua sofferenza nella speranza che lo Stato sia sempre più vicino a questi uomini coraggiosi.