Catania

Estate in città: grande appuntamento al Castello Ursino

Prima di iniziare la tournée nazionale lo spettacolo Virginedda Addurata di Giuseppina Torregrossa con Egle Doria e Francesca Vitale per la regia di Nicola Alberto Orofino, ritorna in scena per la rassegna Estate in città 2017 del Comune di Catania il 14 settembre 2017 alle ore 21 alla Corte del Castello Ursino di Catania.

Che succederebbe se potessimo leggere nei pensieri dei Santi, che fissano chi li invoca immobili e impassibili nelle loro statue e immaginette, apparentemente condiscendenti a tutto quanto esca dalle bocche dei fedeli?

Giuseppina Torregrossa si pone un simile dubbio-enigma in Virginedda Addurata(Vergine Adorata), e per creare una riflessione sul tema dà vita ad una diretta interessata: Santa Rosalia, patrona di Palermo.

Rosalia visse gran parte della sua vita nel silenzio di una grotta, prima nei pressi di Agrigento, poi a Palermo. Fu dunque un’eremita. Abituata al silenzio, del tutto priva da condizionamenti di culture, media e tendenze dominanti, ma anche dalle controculture e dalle controtendenze.

Se potesse parlare, una santa-eremita come Rosalia non darebbe a nessuno – né di maggioranza né di opposizione – le risposte che si aspetta.

Una donna misteriosa

 

Nicola Alberto Orofino, regista dello spettacolo, ha tratteggiato con l’originalità che gli è propria il divino e l’umano che è in questa donna misteriosa, della cui vita si sa pochissimo e che fu conosciuta solo dopo la sua morte per il miracolo della guarigione palermitana dall’epidemia di peste che colpì la città nel 1624.

Per dare voce a Rosalia la fertile penna di Giuseppina Torregrossa coglie spunto da un raccapricciante fatto di cronaca avvenuto a Trapani qualche anno fa. Un marito, con la complicità della sua amante, trascina in un agguato la moglie, al nono mese di gravidanza, le spacca la testa, la cosparge di benzina e poi le dà fuoco.

Le protagoniste

Le protagoniste della storia, prima che la tragedia si compia, vanno tutte supplici dalla “Santuzza”. La vittima, la madre della vittima, la figlia della vittima e l’amante del marito. I racconti, confessioni ed invocazioni alla Santuzza consentono al pubblico di guardare allo specchio la natura di queste donne messe a nudo, le loro fragilità, le loro pochezze, ma anche l’appartenenza ad un sistema dove si sono smarriti i valori più semplici come il buon senso. Ed in questo rapporto tra sacro e profano diviene sempre più chiaro l’abisso tra chi utilizza il sacro per futilità e la lucida comprensione della natura umana, che combina demoni e vittime, predatori e predati, quasi che l’uno non possa esistere senza l’altro.

Il confine tra il bene e il male

Nel confronto il confine tra bene e male si appanna, le donne si fidano e confidano nella Santa, la quale di rimando, brutalmente, ammonisce che spesso le cose, più che dal cielo, vanno risolte sulla terra.

Dopo averli lungamente invocati, quando le cose non prendono il verso che ci si attenderebbe, viene da pensare che i Santi cui si sono rivolte le suppliche più accorate abbiano abbandonato i loro devoti.

Ma la voce di una santa che oggi vanta 886 anni, Rosalia, si erge potente e universale: “Si deve fare molta attenzione quando si prega, perché si versano molte più lacrime per le preghiere esaudite che per quelle non accolte”.

In scena due attrici necessariamente eclettiche, Egle Doria e Francesca Vitale, daranno voce alle donne e agli uomini, ai santi e ai fanti di una storia come tante in questo mondo.

Redazione

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