Enna – Sono stati arrestati dal nucleo di Polizia tributaria della Guardia di finanza di Enna, il responsabile e tre addetti di una casa di riposo, gestita per anni senza le prescritte autorizzazioni. La struttura, che ospitava una cinquantina di anziani, e’ stata sottoposta a sequestro e gli ospiti trasferiti presso altri centri residenziali ed assistenziali.
Gli arrestati devono rispondere di maltrattamenti, abbandono di incapaci, sequestro di persona, violenza privata, lesione personale. Tra le ipotesi di reato, formulate anche la truffa, per aver continuato a ritirare la pensione di alcuni ricoverati deceduti, e l’appropriazione indebita di valori ed effetti appartenenti agli anziani ospiti.
L’operazione, denominata “Cara Lina“, che ha coinvolto la casa di riposo “Sant’Antonio Abate – Ex Villaggio del fanciullo”, con sede nel Villaggio Pergusa (Enna), ‘ stata avviata a seguito della segnalazione di alcuni ex dipendenti del centro di accoglienza, che avevano denunciato episodi di maltrattamenti e minacce subiti dai ricoverati all’interno della struttura. Le misure restrittive, richieste dalla Procura di Enna, che ha coordinato le indagini, hanno raggiunto il presidente, il gestore di fatto e due operatrici del centro socio-assistenziale.
Le indagini, condotte anche con l’ausilio di intercettazioni telefoniche, ambientali e di video sorveglianza, attivate all’interno della struttura, hanno consentito di portare alla luce la condizione di grave abbandono cui erano lasciati gli anziani, alcuni dei quali affetti da gravi malattie degenerative.
In alcuni casi, infatti, ad alcuni ospiti affetti da Alzheimer, costretti nei loro letti, sono stati somministrati, da parte di operatori privi di qualsiasi competenza medica o infermieristica, elevate dosi di potenti sedativi. Gli investigatori stanno adesso indagando per quantificare anche gli illeciti patrimoniali perpetrati dai responsabili del centro assistenziale.
Gli amministratori della struttura, che generava un giro di affari annuo complessivo di oltre 600 mila euro, in diversi casi, approfittando del fatto che molti dei ricoverati erano privi di effettivi legami di parentela, operavano illecitamente sui loro libretti-pensione e sui loro conti correnti, appropriandosi, a volte anche dopo il loro decesso, delle somme depositate e delle pensioni accreditate mensilmente dall’Istituto nazionale di previdenza sociale.
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