Palermo, 21 Feb. – “Nun ci vaiu a vutari, picchì su tutti ‘na manata ‘ri fanghi”. Se avessi avuto un euro tutte le volte che ho sentito questa frase per strada, nei locali pubblici, persino nelle case di insospettabili cittadini mediamente dotati di senso civico, adesso sarei ricca. E non è retorica.
L’antipolitica serpeggia tra la gente da prima dell’avvento di Beppe Grillo nelle piazze. O, forse, sarebbe meglio chiamarlo con il suo vero nome: qualunquismo. Sinonimo di disinteresse nei confronti della cosa pubblica. Della vita. Propria e, soprattutto, di quella degli altri.
“La politica è l’arte di governare le società”. Non i propri interessi. Ma è difficile da spiegare. Specialmente quando un altrettanto insospettabile amico – colto, generoso ma, soprattutto, onesto – ti dice che “è inevitabile che chi è al potere pensi a se stesso”.
Ma perché? E perché non riesco a rassegnarmi a questa “dura legge della vita”?
Non ritengo di essere un esempio di cultura, generosità, onestà e persino altruismo, ma domenica andrò ugualmente a votare – così come ho sempre fatto da quando ho raggiunto la maggiore età – perché non mi è mai piaciuta l’idea di essere semplicemente una registrazione all’anagrafe. Una riga priva di pensiero in un registro.
“Una stanza senza libri è come un corpo senz’anima” diceva Cicerone. Se mi fossi resa conto dell’assoluta veridicità di quest’altra frase, mi sarei risparmiata un bel po’ di sofferenza nella vita. Ma, forse, non avrei vissuto.
E allora va bene anche così. Lo accetto. È giusto che il mio voto valga tanto quanto quello di una “stanza senza libri”, perché il voto è un diritto – oltre che un dovere – di tutti. Ma sarebbe bello se, per una volta, tutti – nel silenzio elettorale che scatterà alla mezzanotte di domani – ci ponessimo delle domande. Non occorre trovare anche le risposte. Non è un’interrogazione. Questa è la vita. La nostra vita. La vita di tutti. Appunto.
1) Ogni volta che si parla di giustizia, il confronto finisce con il coinvolgere le intercettazioni e la separazione delle carriere dei magistrati; pur consapevoli dell’importanza di questi temi, cosa chiedereste ai politici per abbattere i tempi della giustizia civile, che nel Mezzogiorno sono molto più lunghi e penalizzanti?
2) Vi domandate mai quale sia la reale posizione dei candidati sui cosiddetti diritti civili e, in particolare, sui matrimoni delle coppie omosessuali e la possibilità di adottare dei bambini?
3) Si fa un gran parlare di burocrazia e dei relativi danni: secondo voi, in che modo i futuri parlamentari potranno contrastare questo fenomeno?
4) La situazione delle carceri è ormai esplosiva: quale pensate possa essere la soluzione – tra le pene alternative e la costruzione di altre carceri – da fare adottare a chi voterete?
5) Quando si parla di rigore dei conti pubblici, piuttosto che tagliare, spesso si finisce con l’introdurre nuove tasse: quali provvedimenti precisi e risolutivi dovrebbero assumere i nostri rappresentanti?
6) Nel Mezzogiorno sono stati creati enormi bacini di precariato: in che modo dovrebbero alleggerire la spesa pubblica, finora destinata al lavoro improduttivo, i nostri governanti?
7) Per realizzare una grande opera pubblica parte un fuoco di sbarramento, quasi che le grandi opere siano un problema soltanto in Italia: quale ritenete sia il pensiero degli aspiranti amministratori sul ponte di Messina, sui termovalorizzatori e sui rigassificatori?
8) Il Mezzogiorno è stato per decenni un grande mercato di consumo sostenuto dai trasferimenti statali. Ora che le risorse scarseggiano, come potrebbero i nostri futuri senatori e deputati favorire lo sviluppo reale del Mezzogiorno?
9) Da decenni, a fasi alterne, si parla di riforma istituzionale. Quali valutazioni vorreste sulla riduzione del numero dei Parlamentari e sul superamento del cameralismo perfetto?
Meditiamo elettori, meditiamo: è gratis!
E poi andiamo a votare: è gratuito anche quello…
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