Palermo, 31 Dic. – Io non so gli altri, ma i rugbysti non perdono mai occasione per ritrovarsi in una Regia Taverna per una sana bevuta. Domenica non si gioca e quale migliore occasione per recarsi alla Grande Cantina per svuotargli la riserva di birra?
All’ingresso, su un frontone di legno illuminato da fiammelle maleodoranti, che sanno di rutti al luppolo, è scolpita la scritta “Lasciate ogni speranza, voi ch’intrate”. Ma i rugbysti amano il rischio e lo affrontano.
Stasera alla Grande Cantina si rappresenta il gioco della vita e l’oca ne è un interprete principale, perché come diceva Pietro Roccia, mio indissolubile compare di fronte alla Sacra Romana Chiesa: il rugby è laif cumpà, picchì tu curri, poi cari, poi ti susi, c’è cu t’aiuta, c’è cu ti stirrubba, pi circari una meta ca c’è quannu a trovi e c’è quannu no!
In scena appariranno la comicità surreale e le risate da schizzo di Cosimo Di Chiara, che non capisci mai se almeno lui riesce a capire le barzellette che racconta, la complessità psicologica di Gianluca Azzara che non riesci mai a interpretare se il suo è un sorriso o un pianto a singhiozzi, la residua timidezza dei nostri ex under 20. Salirà sul palcoscenico anche l’inquietante figura di Beppe Turco, che se lo incontri di notte con la sua andatura da Quasimodo, ereditata da una vita da scavezzacollo, puoi anche rimanerci secco.
Non mancheranno le rughe scolpite sulla fronte di Danilo Lo Re, con il suo dubbio amletico e il suo continuo confrontarsi allo specchio, alla ricerca della personalità che più gli calza a pennello: oggi sarò Presidente o giocatore? Oggi debbo indossare un doppio petto o uno jeans scalcagnato? E nell’atroce dilemma si consuma, e tra poco non sarà più nemmeno Scheletrino.
Gli occasionali avventori potranno ammirare lo sguardo sfuggente, tipico dei matti che guardano contemporaneamente in più direzioni, e sempre più in là, di Salvo Insalaco, la compostezza innata di Morgan Giglio e lo scopritore dell’elisir di lunga vita Salvo Navarra, che anche centenario e in punto di morte sarà chiamato “bimbo”, così come verrà scritto anche sulla balata che lo proteggerà in eterno.
E poi ci saranno i ragazzi di Piana degli Albanesi, scesi in pianura nel tentativo di colonizzare l’araba Palermo e penso che siano a buon punto del loro progetto perché già ci hanno conquistato con la loro freschezza e genuinità, e gli aggettivi non fanno riferimento alla loro ricotta. Tutti, da Tommaso ai fratelli Falica, ai Cuccia, Di Noto, Riolo, Diletto, Claudiano. Mi scusino i non nominati, ma non mi chiamo Pico della Mirandola.
Trenta, e forse qualcuno di più, non quindici uomini, ma trenta ed ognuno con una bottiglia di birra in mano, non whisky. Nessuno porta una benda sull’occhio e nessuno ha ancorato al moncherino un uncino di ferro ma c’è un capitano, ormai di lungo corso, che non usa fare gli inchini a scogli immoti. E’ brizzolato quanto basta, a testimonianza di una vita trascorsa a interpretare i rimbalzi capricciosi di una palla ovale. E l’oca va, avanti e indietro.
Il gestore della Regia Taverna ci ha fatto dono di una replica di Ginger e Fred o, più prosaicamente di Mimmo e Dea dal film “Polvere di stelle”. Lui proviene da una scuola di alta destrezza, ma non parlo di danza, da giovane era uso a sfilare portafogli dalle tasche d’ignari viaggiatori sui tram di Palermo fine anni ’50. Lei, donna vissuta e che tanto ha dato, claudicante per osteoporosi avanzata, ostenta spacchi vertiginosi fino all’anca. Una coppia sublime, la definirebbe Aldo Busi. Si può apparire leggiadri, anche se non si proviene da Rio de La Plata e anche volare sulle note di valzer viennesi anche se nati a Borgo Vecchio. I rugbysti dal cuore d’oro applaudono alla fine di ogni esibizione e i lunghi bicchieri brillano della bionda messe. Adesso è il momento, ognuno è se stesso. Stasera soltanto gioia e dimenticanze. Ginger e Fred vanno via, osannati come Mimmo e Dea al Petruzzelli. Polvere di stelle. Anche i ragazzi dell’Amatori Palermo tolgono gli ormeggi, navigheranno alla ricerca di nuovi approdi. All’uscita della Grande Cantina in tanti sono convinti di avere bevuto troppo, sul frontone di legno, illuminato adesso da un’improbabile stella cometa, c’è scritto: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”.
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