Davide Faraone dichiara guerra ai sindacati siciliani del pubblico impiego che hanno proclamato lo sciopero contro la finanziaria del governo Crocetta che interviene con una serie di tagli su stipendi e pensioni dei dipendenti regionali.
“Mi impressiona – ha detto Faraone a margine di un convegno a Palermo – questo sciopero proclamato dai sindacati sulla proposta di riforma del governo regionale che prevede l’equiparazione dei dipendenti regionali ai dipendenti pubblici e quindi il taglio del 600% di ore in permessi sindacali aggiuntivi di cui godono i sindacalisti siciliani rispetto al resto d’Italia”.
Poi ha aggiunto: “Nessun sindacalista invece ci dice perchè l’80 per cento dei musei e dei siti archeologici resta chiuso la domenica”. “Mi scandalizza – ha concluso – che nessuno si scandalizzi di avere sindacalisti così in Sicilia”.
Il sottosegretario all’Istruzione ha confermato le accuse anche sul suo profilo Facebook: “Sindacati pronti a imbracciare le armi e a scendere in piazza in Sicilia. Un sit-in e uno sciopero: non uno ma ben due giorni di protesta nella stessa settimana. E in effetti ce n’è proprio bisogno. Si possono tagliare i permessi sindacali nel pubblico impiego, che in Sicilia sono il 600% in più rispetto a quelli dei colleghi nazionali? Si può prevedere che le pensioni dei dipendenti regionali si calcolino con il sistema contributivo, come in tutta Italia? Non sia mai. Dunque si scende in piazza e si protesta. Naturalmente però, dai sindacati, non una sola parola sulla chiusura domenicale dell’ottanta per cento delle aree archeologiche e dei musei siciliani. L’ottanta per cento. Un danno enorme per il turismo che è e dovrebbe essere fattore di crescita per la Sicilia. Uno scandalo che si consuma nel silenzio generale. Gli scioperi per tutelare i privilegi di pochi? In questa cornice sono veramente una brutta cosa. Come diceva Luciano Lama, “il sindacato deve tenere un linea non corporativa, non indifferente ai problemi del paese, deve mirare all’interesse generale, nazionale”. Non ci sembra sia proprio questo il caso”.
“Noi vediamo un’unica strada praticabile, quella dello sviluppo – continua Faraone -. Il che vuol dire rendere produttivi gli stipendi che si pagano. Vuol dire tenere aperti i musei in base alle esigenze dei turisti e non a quelle dei dipendenti pubblici. Basta con una Sicilia “vittima” del suo statuto speciale. Basta con i parrucconi che predicano un autonomismo da strapazzo”.
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