Nel tentativo di coinvolgere la comunità internazionale sul problema dell’esodo dalle coste africane, oggi il nostro Presidente del Consiglio ospita il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon a bordo della nave San Giusto, dislocata ai margini delle acque territoriali libiche.
Per la verità la San Giusto, non fa parte integrante dell’operazione Triton disposta dall’Unione Europea per il controllo dei flussi migratori ed ha una mission diversa: sorveglia il gasdotto Libia – Sicilia ed è pronta a intervenire con i nostri marines (gli incursori del Consubin) qualora la guerra civile dovesse bloccare la fornitura.
La prima missione di Renzi a Bruxelles, è stata un flop: dopo gli alti lai seguiti all’ultima strage nel Mediterraneo, l’unico risultato concreto sono stati i sei milioni di euro al mese in più concessi per triplicare il misero budget della missione Triton. Per il resto nessuna disponibilità ad accogliere rifugiati, niente missioni umanitarie o militari in Libia: insomma l’Italia se la deve sbrigare da sola, nel burocratico rispetto dell’accordo di Dublino.
Dal che è evidente che la sedicente Unione Europea non è altro che una accozzaglia di Stati accomunati solo dalla strenua difesa degli interessi delle lobby finanziarie, sui quali sono stati modulati tutti gli accordi e i trattati economici.
Se in tempi normali è plausibile pensare che ciascuno accolga i profughi che arrivano nel suo territorio, non è pensabile che sulla sola Italia venga scaricato il problema del milione di disperati provenienti da tutta l’Africa e dal Medio Oriente che si sono ammassati nei campi libici e sono il serbatoio naturale dei nuovi trafficanti di schiavi che gestiscono i flussi nel Mediterraneo.
Aspettare con qualche nave in più i barconi e i gommoni sovraccaricati, significa contare i giorni dalla prossima tragedia: anche in condizioni di mare discrete basta una piccola concitazione a bordo o qualcuno che si muove imprudentemente per determinare il rovesciamento e l’annegamento in pochi minuti di persone che non hanno mai visto il mare in vita loro.
Nemmeno se le navi di soccorso fossero centinaia si riuscirebbe ad evitare una nuova strage.
Il problema dunque è impedire che i migranti restino in balia dei loro aguzzini sia dentro i campi che al momento dell’imbarco. La proposta di bombardare i barconi prima che vengano usati, è demenziale e risponde solo all’interesse di chi non vuole che il problema riguardi l’Europa: l’uso di armi a distanza rischia di provocare altre vittime innocenti e di essere considerato a tutti gli effetti un atto di guerra, senza risolvere in alcun modo il problema dei profughi.
Quindi la proposta da fare a Ban Ki-moon è una sola: l’UNHCR (Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati) che dispone di più di sei mila funzionari sparsi per il mondo con un bilancio annuale da oltre un miliardo di euro, del quale non è dato conoscere la rendicontazione analitica, dovrebbe assumere il controllo dei campi libici, sotto la protezione di un contingente militare se ritenuto necessario, e gestire il trasferimento di coloro che hanno diritto all’asilo politico in un programma di accoglienza che veda coinvolta tutta la comunità internazionale, per spalmare l’impatto economico e sociale dell’esodo.
Qualunque altra opzione è solo una presa per i fondelli che l’Italia, direttamente investita dalla questione non può accettare.
Se Renzi avesse gli attributi, dovrebbe minacciare l’immediato ritiro di tutti contingenti italiani dislocati nelle aree di crisi e l’interruzione della nostra partecipazione a tutti gli accordi internazionali, ivi compreso il versamento della quota di funzionamento dell’Unione Europea.
Ma siccome non ce li ha, noi continueremo a subire passivamente e il Mediterraneo diventerà sempre più un cimitero galleggiante.
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