NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Come Alexander Zverev a Tokyo, Daniil Medvedev spezza il sogno di Novak Djokovic. Allora era la possibilità di conquistare un oro olimpico che lo avrebbe tenuto in corsa per il Golden Slam, oggi la possibilità di emulare Don Budge e Rod Laver, gli unici due tennisti (l’australiano ci riuscì due volte, l’ultima nel 1969) a vincere tutti e quattro i Major nello stesso anno solare.
Ma il 34enne di Belgrado, che ai Giochi fu poi battuto anche nella finale per il bronzo, manca l’appuntamento col destino e con la storia perchè sul cemento newyorkese di Flushing Meadows arriva la definitiva consacrazione di Medvedev: 6-4 6-4 6-4 il punteggio che regala al russo il suo primo Slam dopo la finale persa due anni fa proprio a New York contro Nadal e quella a inizio anno, a Melbourne, contro lo stesso Djokovic.
Arrivato in finale concedendo un solo set lungo il cammino, il 25enne di Mosca interrompe la striscia di 27 vittorie di fila in un Major del numero uno del mondo, negandogli anche quel 21esimo Slam che gli avrebbe permesso di staccare anche Federer (col quale condivide il primato di finali, 31) e Nadal, fermi a 20. Sarà stata la pressione, sarà stata la stanchezza di un anno vissuto col piede sull’acceleratore, saranno state le tante battaglie – l’ultima in semifinale vinta al quinto contro Zverev -, fatto sta che Djokovic ha mancato la grande chance di entrare nella leggenda, offrendo in campo solo l’ombra del campione che è. Ma dove finiscono i demeriti del serbo, iniziano quelli di Medvedev, leader di quella nouvelle vague tennistica rappresentata anche da Tsitsipas e Zverev che punta a mettere la parola fine all’era dei Big Three. Il russo ha fatto leva sul servizio, non ha mostrato segni di debolezza anche se all’ultimo il braccio ha un po’ vacillato: nel terzo set avrebbe potuto già chiudere i conti quando è andato al servizio sul 5-2 ma al primo match point ha inanellato due doppi falli che tradivano tutta l’emozione del momento. Ma Djokovic, quasi in lacrime davanti all’affetto di un pubblico che non voleva vederlo arrendersi, non ne aveva più. A scrivere la storia è oggi un ragazzo di Mosca.
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