La Corte di Cassazione ribadisce che sono cumulabili la carica di amministratore e l’attività di lavoratore subordinato di una stessa società di capitali, “purché sia accertata, in base ad una prova di cui è necessariamente onerata la parte che intenda far valere il rapporto di lavoro subordinato, l’attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale e il vincolo di subordinazione, ossia l’assoggettamento, nonostante la carica sociale, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società; e questa circostanza ricorre, qualora sia individuabile (mediante una valutazione delle risultanze istruttorie riservata al giudice di merito e incensurabile in cassazione) la formazione di una volontà imprenditoriale distinta, tale da determinare la soggezione del dipendente – amministratore ad un potere disciplinare e direttivo esterno, sì che la qualifica di amministratore costituisca uno “schermo” per coprire un’attività costituente, in realtà, un normale lavoro subordinato: così risultandone provata la soggezione al potere direttivo e disciplinare di altri organi della società e l’assenza di autonomi poteri decisionali”.
È, invece, incompatibile la condizione di lavoratore subordinato alle dipendenze della società esclusivamente con la qualifica di amministratore unico della stessa (Cassazione Ordinanza n. 2487/2022).
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