Dionisiache 2019. La scena appare vuota. Avanzano cinque attori, in abito scuro. Il capocomico rassicura gli spettatori circa il fatto che presto avrà luogo la commedia, ma non prima di aver spiegato loro la trama con l’ausilio degli altri quattro che, frattanto, si adoperano maldestramente a renderla comprensibile. Appena finito il prologo, la scena si anima e si colora, tutti gli attori scompaiono per lasciare entrare i personaggi, cioè le maschere; maschere dello spettacolo realizzate sulle originali ritrovate a Lipari.
Lo spettacolo allora prende il ritmo della commedia, interrotta soltanto da brevi incursioni degli invitati alle nozze che, ubriachi, compongono e scompongono la scena con coreografie e canti. Prima nazionale per “Diskolos” di Menandro, impianto scenico e regia di Cinzia Maccagnano, che verrà messo in scena martedì 6 agosto, alle 19,45 (repliche mercoledì 7 e giovedì 8), nel teatro del Parco archeologico di Segesta, nell’ambito del Calatafimi Segesta festival Dionisiache 2019, con la direzione artistica di Nicasio Anzelmo.
In scena: Raffaele Gangale, Dario Garofalo, Cinzia Maccagnano, Luna Marongiu, Cristina Putignano. Musiche: Germano Mazzocchetti composte per Dyskolos prodotto dall’I.N.D.A. nel 1995 per la regia di Egisto Marcucci; costumi di Monica Mancini; maschere di Giancarlo Santanelli e Luna Marongiu.
Si tratta di una storia semplice: Sostrato, un ricco giovane di buona famiglia, si innamora di una semplice e bella ragazza di campagna, figlia di un vecchio e bisbetico contadino, Cnemone, con il quale abita. La moglie di lui, infatti, esasperata e stanca, si è trasferita dal figlio di primo letto, il serio e laborioso Gorgia. Sostrato si conquista l’amicizia di Gorgia e si offre di lavorare nei campi per conoscere meglio il burbero padre della ragazza di cui è innamorato. Intanto la madre di Sostrato, il servo Geta e il cuoco Sicone allestiscono un sacrificio presso il tempio di Pan, che si trova proprio accanto alla casa di Cnemone; la confusione che ne scaturisce accende l’ira del vecchio misantropo che si rifiuta di prestare la pentola di cui c’è bisogno per l’offerta votiva. Ma la sorte vuole che, nel tentativo di recuperare da un pozzo un secchio sfuggito alla sua serva, Cnemone vi precipiti dentro. Sostrato e Gorgia corrono a salvarlo. Cnemone, dopo il pericolo che ha corso, si mostra più ragionevole e concede la mano della figlia a Sostrato. Nell’entusiasmo del momento Sostrato ottiene dal padre Callippide che la sorella sia concessa in sposa all’amico Gorgia. La commedia si conclude con una doppia festa di nozze a cui tutti i servi trascinano il riluttante Cnemone, oramai arreso all’inevitabile condivisione.
Il Dyskolos rappresenta la forma più compiuta di quella che è stata definita “commedia nuova”: a differenza di ciò che avveniva nella commedia antica, Menandro non imposta l’intreccio su fatti sociali o politici, ma ambienta l’azione in una dimensione, per così dire, “borghese”, seppure il protagonista sia un contadino. Esaurita ormai la critica politica che fu del teatro aristofaneo, Menandro concentra la sua attenzione su temi e rapporti che lasciano ampio spazio alla riflessione, alla morale, potremmo dire, stoica, di chi accetta la propria condizione umana con un briciolo di consapevolezza in più. Protagonista è l’uomo, con i suoi piccoli drammi quotidiani, le sue intolleranze, la sua sfiducia nel prossimo, le sue paure che lo portano a chiudersi nel proprio recinto. Ma sorprendente è la modernità di Menandro che affida ai due giovani della storia, il ricco innamorato Sostrato e il povero e dignitoso Gorgia, un atteggiamento rivoluzionario: la vitalità che scaturisce dall’amore e dalla fiducia nel prossimo, vincerà la misantropia e consentirà il superamento della diversa condizione sociale dando vita ad una nuova comunità.
Il Dyskolos è fortemente legato alla ‘memoria’ della Compagnia, essendo stato spettacolo d’esordio, nel lontano 1995, di quegli allievi attori della Scuola Giusto Monaco dell’Inda di Siracusa, che poi avrebbero creato la Bottega del Pane. Di quel memorabile spettacolo, che portava la firma di Egisto Marcucci, Aurelio Gatti aveva curato un coro ad hoc per un gruppo di giovani attori e Germano Mazzocchetti aveva composto intramontabili musiche. Protagonisti ne erano Marcello Bartoli, Armando Bandini, Sebastiano Tringali, Dario Cantarelli, Donatello Falchi. Il debutto fu a Segesta. Un esempio di Teatro a cui si è ispirato il gruppo che nel 1996 fondò la Compagnia.
Giovedì 8, alle 21.30, alla Circiara di Calatafimi Segesta, “Principesse senza corona”, regia di e con Barbara Gallo. Voce e specchio e fruttivendolo: Mimmo Mignemi.
Un uomo colto, versato in molti campi del sapere umano, stanco del limite che avverte in se stesso e nella cultura contemporanea, desideroso di ottenere piaceri, conoscenza e potere, invoca il demonio e baratta la sua anima in cambio di ventiquattro anni durante i quali ogni suo desiderio sarà soddisfatto. È il mito del Dottor Faust, narrato da Christopher Marlowe, uno dei più longevi e fecondi della cultura occidentale.
Lo spettacolo verrà messo in scena venerdì 9 agosto, alle 19,45, nel teatro del Parco archeologico di Segesta, nell’ambito del Calatafimi Segesta festival, con la direzione artistica di Nicasio Anzelmo. La regia è di Carlo Emilio Lerici; con: Edoardo Siravo, Antonio Salines. E con: Francesca Bianco, Fabrizio Bordignon, Gabriella Casali, Giuseppe Cattani, Germano Rubbi, Roberto Tesconi, Anna Paola Vellaccio. Musiche di Francesco Verdinelli. Costumi: Annalisa Di Piero
Questa nuova versione teatrale vede protagonisti, nei panni di Faust e Mefistofele, due grandi della scena italiana: Edoardo Siravo ed Antonio Salines reduci dal grandissimo successo ottenuto con lo spettacolo Aspettando Godot. Proprio grazie a questo spettacolo Salines ha appena ricevuto la nomination come miglior attore al prestigioso premio Le Maschere del Teatro. Accanto a loro altri 7 attori, tutti affermati professionisti, andranno a comporre un cast di grande livello alternandosi nei numerosissimi ruoli previsti dal testo. La messinscena, curata da Carlo Emilio Lerici, è caratterizzata da un linguaggio espressivo moderno ed essenziale, che vuole assecondare i grandi momenti tragici del testo, senza trascurare le parti più dichiaratamente brillanti. Così come saranno assecondate le sollecitazioni fantastiche suggerite dall’incredibile serie di apparizioni “magiche” che accompagnano le vicissitudini del protagonista. Questo impianto registico, grazie alle musiche originali di chiara matrice rock composte appositamente dal maestro Francesco Verdinelli e alle creazioni astratte della costumista Annalisa Di Piero, punta a trasformare il dramma di Marlowe in moderna dark-opera. Inoltre, ma non in ultimo, con questo spettacolo si vuole rendere omaggio al grande Rodolfo Wilcock, nel centenario della nascita, utilizzando la sua celebre traduzione in versi.
Il Faust di Marlowe. Marlowe scrisse il Dottor Faust intorno agli anni 1588-89 e lo pubblicò nel 1604. Quest’opera teatrale si inserisce nella prima fase del teatro elisabettiano e come tutte le opere teatrali di Marlowe (ne scrisse sette) è innovativa: il coro, di chiara ascendenza senechiana, che apre la tragedia, annuncia il contenuto dell’opera, mettendo subito in evidenza qual è la novità rispetto alle tragedie precedenti. Protagonista non è più il principe medievale o il re, ma è l’intellettuale, il rappresentante della nuova realtà storica, che non si fa portavoce di un messaggio, non afferma alcuna verità assoluta, ma presenta in sé il conflitto tipico dell’epoca tra la sfera teologica e umanistica. Faust è un intellettuale che vuole raggiungere il potere (non sappiamo, però, quali siano le motivazioni che lo spingono verso tale direzione) e si rende conto che filosofia, medicina, legge e teologia non sono sufficienti a fargli raggiungere tale meta; dopo aver imparato i trucchi della magia nera, invoca il diavolo, col quale fa un patto: gli vende la propria anima in cambio del potere (un potere che non avrà mai). Mefistofele, servo di Lucifero, fa da intermediario tra Faust e il signore degli inferi; questo servo fedele, al quale Faust dà anche lezione di coraggio, ad un certo punto della tragedia, nel primo dialogo col protagonista, arriva a parlare in termini umani, quando asserisce di aver visto il Signore e il suo regno e la consapevolezza di non poter vedere mai più quel mondo, provoca in lui angoscia e atterrimento. Marlowe non esprime un giudizio sul modo di agire di Faust, mira piuttosto a mettere in luce la lotta interna al protagonista; quest’ultimo spesso, nei monologhi, parla in seconda persona, come se si fosse sdoppiato o come se fosse un semplice spettatore, ed è proprio in questi frangenti, che possiamo percepire il dramma e la sofferenza di quest’uomo, nella cui anima bene e male si scontrano di continuo. Il personaggio disegnato da Marlowe appare crudele e buono, innocente e colpevole, un uomo dalle mille sfaccettature, servo del demonio, che a volte, si rende conto dello sbaglio commesso, vorrebbe tornare e potrebbe tornare a Dio, pentendosi, ma non lo fa: questo è il grande peccato che lo porterà alla dannazione eterna. Il Dottor Faust è indubbiamente una tragedia tra le più belle che siano mai state scritte e che, a distanza di poco più di quattrocento anni, colpisce per la sua straordinaria forza e originalità; un’opera che non ha mancato di influenzare grandi scrittori a partire da Shakespeare fino a Goethe e della quale molti si sono occupati, tra i tanti G. Carducci, T. S. Eliot e J. Grotowski.
ALLE 21.30 “ARCHEOLOGIA DELL’IMMAGINARIO” CONVERSAZIONE CON MASSIMO CULTRARO ALLE 22.30 PER LE NOTTI IN MUSICA THE STRING QUARTET”
Sempre nell’ambito del Calatafimi Segesta Festival Dionisiache 2019, nel Parco archeologico di Segesta, sulla Collina del Tempio, venerdì 9 agosto, alle 21,30 “Archeologia dell’immaginario, da Schliemann ad Indiana Jones”. Conversazione con Massimo Cultraro, introduce Rossella Giglio. L’archeologia, ancor prima che si costituisse come disciplina scientifica alla fine dell’Ottocento, ha sempre suscitato interesse e curiosità tra il vasto pubblico. Gli ingredienti di questo successo, tra mistero e tentativi di interpretazione di un lontano passato, hanno in molti casi alimentato tra gli studiosi un forte coinvolgimento empatico ai limiti dell’immaginario.
Vengono raccontate le vicende di importanti personaggi che hanno segnato e condizionato la storia della ricerca, come il noto scopritore di Troia, Heinrich Schliemann che seppe muoversi con abilità tra gli attacchi lanciati dal mondo accademico e la volontà di autorappresentarsi come l’inventore di una nuova scienza. Sono passati in rassegna anche altri personaggi meno noti al pubblico come l’archeologo britannico Leonard Woolley che nel 1910 scopre la città di Karkemish, sulle rive dell’Eufrate, sostenendo di aver avuto in sogno le indicazioni della localizzazione.
Ma anche il contributo di alcune donne pioniere dell’archeologia sul campo, come l’americana Harriet Boyd che, sfidando agli inizi del ‘900 il mondo maschile degli studiosi di antichità, si avventura tra i monti dell’isola di Creta alla scoperta della civiltà minoica. Sogno, mistero, ma anche spregiudicata fantasia hanno segnato gli esordi dello studio del mondo antico attraverso i reperti della cultura materiale, finendo per alimentare e suscitare nuove e stimolanti passioni che fanno dell’archeologia una delle discipline più amate.
Il professore Massimo Cultraro è primo ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Catania e professore di Preistoria e Protostoria all’Università degli Studi di Palermo. Borsista CNR-NATO e visiting professor della BrownUniversity, Providence (USA), è specializzato in preistoria egea e del Mediterraneo centrale. Nel 2006-2010 è stato direttore scientifico del progetto internazionale CNR-Ministero degli Esteri per la restituzione virtuale del Museo di Baghdad. Conduce attività di scavo e ricerca archeologica in ambito euro-asiatico (Georgia, Grecia) e si occupa di strategie di comunicazione e tutela del Patrimonio Culturale in aree di guerra.
A seguire, alle 22.30, sempre sulla Collina del Tempio, per le Notti in Musica “The String Reed”: Rita Collura, sax alto e soprano, Gaspare Palazzolo, sax e tenore, Fulvio Buccafusco, contrabbasso, Fabrizio Giambanco, batteria.
Info e ticket
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