“Se una persona è libera di disporre del proprio patrimonio, anche in misura larga e ampia, assottigliando ciò di cui legittimamente dispone, non può però ridursi nella condizione in cui, non solo non sia più in grado di assicurare i doveri di solidarietà già posti a suo carico (l’aiuto all’ex coniuge), ma finanche quelli che egli in favore della propria persona, altrimenti costretta a far ricorso agli strumenti di aiuto pubblico da richiedersi a dispetto delle proprie sostanze capacità di vita dignitosa. In sostanza, la collettività non può farsi carico dell’eccesso di prodigalità di una persona che con le sue sostanze ha di che vivere e dignitosamente”. Il caso, su cui si sono espressi i Giudici della Corte di Cassazione, è quello di una donna, separata consensualmente dal marito e titolare di assegno di mantenimento, che chiede al Giudice Tutelare la nomina di un amministratore di sostegno per il marito stesso: difatti, l’uomo aveva iniziato a manifestare un comportamento improntato alla prodigalità, con abituale larghezza nello spendere, rischiando eccessivamente rispetto alle proprie condizioni socioeconomiche e non riconoscendo più alcun valore oggettivamente attribuibile al denaro, tanto che detto comportamento aveva comportato, nell’ultimo periodo, una dispersione patrimoniale di circa mezzo milione di euro (Cass. Ord. n. 36176/2023).
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