Diego Cimino, il catanese under 30 tra i più influenti d’Europa

Diego Cimino, 25 anni, di Catania, è il più giovane diplomatico inserito nella Forbes 30 Europe del 2017, nella categoria Law and Policy. Si tratta della prestigiosa classifica, stilata dalla rivista Forbes, degli under 30 più influenti d’Europa. È evidente l’entusiasmo e la passione di questo giovane ragazzo, fondatore dell’ILSA (International Law Student Association), che ha fatto del suo grande sogno la sua professione mantenendo sempre i piedi ben saldi per terra e non dimenticando mai le sue origini.

 

Molti universitari, sempre più spesso, decidono di abbandonare l’Università perché si rendono conto di non riuscire a far avverare il loro sogno per i più svariati motivi. Se in questo momento avessi l’opportunità di parlare ai giovani dell’Università, cosa diresti?

 «Direi assolutamente di non smettere mai di credere in sé stessi, nei propri sogni e nei propri obbiettivi. Perché anche l’obbiettivo più lontano inizia sempre da un primo passo che molto spesso è un passo “locale” e che risulta sempre essere quello più difficile. Ce la si può fare con molto impegno. Spesso il contesto non ci aiuta, perché non possiamo esprimere al massimo il nostro potenziale per motivi che non dipendono da noi. Ma questo non ci deve fermare, anzi, deve essere uno stimolo in più.»
«Io sono partito da zero» continua Diego, « e spero che questa storia possa essere uno stimolo in più per i siciliani e per gli studenti universitari per dire che ce la si può fare. Non è un percorso improvviso, bisogna crederci e faticare molto ma è possibile, tutti siamo partiti da lì!»

 

Molti ragazzi si sentono demotivati dal contesto nel quale studiano. Tu hai mai pensato di mollare?

«Mi rendo conto che il contesto non stimoli molto gli universitari, ed anche io, soprattutto i primi anni, ho sofferto un po’ gli stessi limiti di cui mi parli tu. Ho iniziato seguendo delle lezioni come se fossi in un cinema: con il prof sul palco ed una platea di ragazzi che non avevano idea di cosa stessero facendo, che ascoltavano e basta. Non era un ambiente che mi stimolava. Diego Cimino
Ma la sfida vera è non mollare, pensare al motivo per cui tu stai facendo questa cosa. Ripetere sempre che l’obiettivo da raggiungere si trova più avanti ed è importante ricordarsi che per arrivare là, è necessario passare da qua. Anche io ho attraversato dei momenti di crisi, ma il segreto sta proprio lì: non mollare. Si dice sempre che “l’ostacolo più è alto, più misura la tua motivazione”. La motivazione deve essere più alta dell’ostacolo per permetterti di superarlo. E credo che questa espressione valga più che mai per l’università ed in contesti come i nostri. Però questo non deve essere un alibi: spetta ad ognuno di noi fare in modo che la nostra esperienza universitaria sia stimolante e significativa».

 

 Che ruolo ha svolto la tua famiglia in questo percorso?

«La famiglia è fondamentale ed ha avuto un ruolo decisivo perché è il primo luogo in cui si cresce e ci si rapporta col mondo. Nel mio caso la mia famiglia è stata sicuramente il mio principale alleato. Mi hanno sempre sostenuto anche nei momenti difficili durante il percorso ed hanno sempre creduto in me aiutandomi e supportandomi. Poi noi siciliani abbiamo un rapporto particolarmente forte con le nostre famiglie che ci rende anche un po’ speciali. La nostra famiglia ci trasmette i giusti valori che dobbiamo conservare come ciò che di più prezioso potremmo avere. Spesso quando mi trovo all’estero, mi rendo conto che specialmente noi siciliani sappiamo interpretare in maniera tutta nostra l’importanza che ha la famiglia, il ruolo genuino e fondamentale che ricopre nelle nostre vite. Sicuramente senza la mia famiglia non avrei potuto raggiungere questi traguardi».

 

Che liceo hai fatto? Hai sbagliato scelta come la maggior parte di noi?

«In realtà io ho avuto da sempre questo sogno, da quando ero piccolo mi interessavano queste grandi cose. Mi piaceva la storia e mi sentivo molto coinvolto. Ero soprattutto curioso di capire come funzionava il mondo. Quindi avevo questo sogno da bambino al di là, ovviamente, di quello del calciatore. Io scelsi il liceo scientifico perché nel mio liceo c’era l’insegnamento della doppia lingua ed io conoscevo già l’inglese perché da piccolo avevo fatto un viaggio all’estero. È bello il “vicinato” ma in fondo è sempre “casa” e a me piaceva andare un po’ oltre. Dopo il liceo la scelta fu più difficile. Ero indeciso come tantissimi altri tra scienze politiche e giurisprudenza, grande dilemma. Ma già dentro di me sapevo che il mio sogno era quello di fare il diplomatico, quindi alla fine scelsi giurisprudenza e mi specializzai in diritto internazionale, nonostante sapessi che questa era la strada più difficile».

 

Qual è la cosa più bella del tuo lavoro, quella che ti ha spinto a scegliere questo percorso?

 «Ciò che mi ha spinto ad intraprendere questo percorso è stato sicuramente la fortissima emozione nel pensare di poter servire il proprio Paese e poterlo rappresentare nel mondo. Questa è la cosa più bella per me. Sapere di star servendo la mia nazione e di avere l’ambizione di rappresentarne la volontà e la posizione negli scenari internazionali è, per me, un grandissimo onore ed è bello impararlo da ambasciatori e diplomatici più esperti che si incontrano all’interno della Farnesina.
Io ho già avuto la fortuna di svolgere diverse missioni all’estero, dove mi sono trovato da solo a rappresentare il Paese in tavoli internazionali dove c’erano colleghi di tutti gli altri Paesi ed è stata una grandissima emozione e ovviamente una grandissima responsabilità.
Questa è stata l’esperienza che avevo da sempre sognato e che mi onora maggiormente».

 

 Di cosa ti occupi attualmente?

 «Di “Cooperazione allo sviluppo multilaterale”, ovvero i rapporti che ha l’Italia con i principali organismi internazionali che si occupano di temi di cooperazione allo sviluppo: l’educazione, la sanità, i diritti delle donne e dei giovani, immigrazione. Odiego ancora società come l’Unicef o l’UNHCR dei rifugiati o la Banca Mondiale ed altri organismi globali».

 

Una grande responsabilità.

«Sono ancora all’inizio di questa carriera, sono appena entrato e sono il più giovane. È anche importante mantenere grande umiltà, perché, è vero, si possono facilmente avere i grilli per la testa e pensare di essere arrivato. Ma il trucco per una carriera così lunga è quello di viverla sempre con molta umiltà e voglia di imparare da chi è più esperto di te e saper ascoltare. È anche importante portare l’innovazione, senz’altro. Io ho avuto la fortuna di avere due esperienze all’estero però bisogna continuare con lo spirito di voler imparare sempre cose nuove e di farlo con umiltà, rispetto ed entusiasmo».

 

 Quali sono stati i diplomatici che ti hanno colpito di più?

 «Ho incontrato tante personalità che mi hanno colpito, sicuramente, ma mi hanno ispirato particolarmente tutti quelli che lavorano sul campo, che lavorano in ambienti difficili, in ambienti disagiati o in luoghi di conflitto o che forniscono aiuti importanti».

 

Beatrice Salemi