Di Gangi: “La mafia ha vinto. Non prendiamoci per il c….”
“Non prendiamoci per il culo. La mafia ha vinto e sta vincendo su tutti i fronti, o quasi.”
Questo l’incipit provocatorio di un post con cui Mariangela Di Gangi commenta le celebrazioni di questi giorni, simboleggiate dalla moneta da due euro coniata per il trentesimo anniversario delle stragi.
Per Di Gangi “a trent’anni dalle stragi, quanto avviene a Palermo dimostra che quelle stragi sono servite e tanto.
Sono servite prima di tutto ad eliminare dei giudici che volevano indagare e colpire il cosiddetto “Terzo livello”, quello della politica e dei servizi cosiddetti deviati, che con la mafia sono sempre andati a braccetto. Lo dimostrano trent’anni di depistaggi che proprio quei livelli hanno lasciato impuniti.
Quelle stragi sono servite. A dimostrare che la mafia non molla la presa e quando si vede attaccata sul serio è pronta a tutto.
E che quelle stragi sono servite lo dimostra anche il fatto che in questi trent’anni abbiamo avuto due presidenti di Regione indagati per rapporti con la mafia e un terzo indagato per aver servito “poteri” diversi da quelli pubblici.
Lo dimostra il fatto che l’attuale Presidente della Regione non disdegni “tête-à-tête” con un condannato in via definitiva proprio per mafia.
E lo dimostra il fatto che qualcuno esercita ancora il proprio potere baronale a forza di pizzini, anche se non più cartacei ma col più moderno WhatsApp.
E certo, se tutto questo ancora esiste, sono in molti a dover fare dei “mea-culpa”, siamo in tanti a doverci ripetere che di più e meglio alcune cose andavano fatte, oltre i simboli e con più efficacia.
Ma per fortuna la mafia non ha vinto su tutti i fronti.
Perché oggi le cittadine e i cittadini rivendicano i propri diritti prima di chiedere favori; perché oggi c’è chi si ribella al pizzo; perché oggi, ogni tanto, si rompe il muro dell’omertà della baronia universitaria.
La mafia non ha vinto, ma siamo lontani dalla sua sconfitta.
Io lo voglio dire con chiarezza: è vero, Palermo è fatta oggi di una maggioranza che non vuole piegarsi alla prevaricazione della mentalità mafiosa, che ha interiorizzato la “bellezza del fresco profumo di libertà”, una libertà che però non è ancora concreta perché la libertà, oltre che di partecipazione, è fatta anche di servizi, di opportunità, di possibilità.
Quando pensiamo alle cittadine e ai cittadini dei nostri quartieri come a persone pronte a piegarsi alla volontà dei condannati per mafia, siamo ingiusti e denunciamo la distanza che “noi” abbiamo da “loro”.
E delle lezioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino dovremmo interiorizzare tutto. Non solo la parte con cui celebriamo la loro eccezionalità e il sacrificio.
Forse dovremmo ricordare soprattutto quella in cui ci spiegavano come sia l’interesse a muovere le cose e non gli eroisimi.
Le scelte di campo sono tali, solo se si è davvero liberi e libere, a parità di condizioni, di scegliere. Una banalità.
Bene, fin quando renderemo alla gente, soprattutto quella più ai margini, troppo difficile scegliere liberamente da che lato stare, non avremo fatto l’interesse dell’antimafia. E avremo tempo di appellarci ai simboli e alle personalità eclatanti, ma sull’efficacia avremo fallito.”